«Nel calcio un giorno le cose vanno bene e un giorno male, ma
le critiche servono a tenere i piedi per terra»
Pensare all’età stampata sulla carta d’identità di chi ha pronunciato queste parole fa capire molto del calciatore e della persona in questione. Rodrigo Bentancur, classe 1997, in uno dei suoi primi anni a Torino rilascia un’intervista a Juventus TV, nella quale fa trasparire una maturità d’altri tempi, decisamente lontana da quella che ci si potrebbe aspettare da un ragazzo della sua età.
Bentancur cresce praticamente senza la madre, morta quando lui aveva appena quattro anni. Una figura importante per il giovane Rodrigo, celebrata tutte le volte in cui scende in campo con quel numero 30 portato sulle spalle, giorno di nascita di colei che gli ha dato la vita. Il padre, da sempre immerso nel mondo pallone, lo porta spesso con sé agli allenamenti della squadra della sua città, Nueva Helvecia, e proprio da qui, a sua insaputa, partirà il suo viaggio verso il calcio dei grandi.
La sua carriera inizia, come spesso accade, dal concatenarsi di una serie di coincidenze particolari: uscito da scuola un giorno, infatti, passa a salutare il padre, che stava tenendo un corso di formazione per allenatori. Al corso è presente Horacio Anselmi, un preparatore del Boca Juniors, che invita Rodrigo a cambiarsi e a scaldarsi per assistere alla parte pratica. Anselmi, dopo averlo visionato, rimane estasiato dalle doti del giovane e lo invita a fare un provino per il Boca: in quel momento ha 12 anni e solo 5 più tardi con la maglia degli xeneizes farà il suo esordio tra i professionisti, in una sfida di Copa Libertadores contro il Montevideo Wanderers.
Chissà se il Bentancur ragazzino avrebbe un giorno pensato di esordire con una delle squadre più blasonate del pianeta e in uno degli stadi più caldi della storia del fútbol. Per convincere il giovane a lasciare la sua città e i suoi affetti, ci è voluta tutta la buona volontà del padre, che sulle doti da predestinato del figlio, aveva ricevuto diversi elogi provenienti dalla dirigenza del Boca. Il club argentino infatti, dopo averlo visto in azione dai primi provini, già pregustava di accaparrarsi quel giovane dalle buone speranze.
Inizialmente impaurito e restio a lasciare la sua casa e i suoi affetti, fu solo grazie alle parole di rassicurazione del padre che il 14 enne Bentancur si decise a fare il grande salto, partendo per l’Argentina, questa volta definitivamente, e iniziando le sue trafile tra le giovanili del Boca. La magia che circonda quei campi e quei luoghi – quasi mistici per certi versi –, templi del pallone, è fondamentale per la crescita definitiva del giovane. Dopo i primi già citati tentennamenti, capisce di essere arrivato nel luogo giusto per maturare e dimostrare il gran bene che si dice di lui da quelle parti.
Pochi mesi prima del suo esordio ufficiale in Libertadores, assaggia l’atmosfera del primo Superclasico, anche se valevole per il Torneo del Verano, tradizionale vetrina precampionato che si disputa in Argentina nei mesi di gennaio e febbraio. In quella partita Bentancur entra anche nel tabellino dei marcatori, partecipando all’ultimo dei cinque gol con cui il Boca doma il River in quella occasione. Il suo primo campionato in prima squadra, sotto la guida del tecnico Arruabarrena, sarà condizionato da alti e bassi nelle sue prestazioni, tipiche di un giocatore tatticamente tutto da formare e che compensa con il suo grande talento, tutte le lacune della giovane età.
Il 6 settembre 2015 si gioca Boca Junior-San Lorenzo alla Bombonera, valevole per la 23esima giornata della Primera División, ed è da tutti considerata la partita del titolo. In questa gara Bentancur gioca forse i 90 minuti migliori da quando ha attraversato il Rio de la Plata, come evidenziato anche dal suo tecnico al termine della gara. Una partita però si sa, è fatta di dettagli, e nel calcio un giorno le cose vanno bene e d’un tratto possono drammaticamente andare male. Il minuto 91 di quel match tormenterà le notti di Bentancur per diverso tempo: dopo 90 minuti di autorità assoluta, un suo passaggio sbagliato dal limite della sua area di rigore libera l’attaccante del San Lorenzo Matos verso la porta di Orion e il finale è presto immaginabile. Matos realizzerà la rete più pesante della stagione e forse quella decisiva per il titolo, lasciando incredulo davanti alla sua gente un Bentancur decisamente spaesato.
A difendere l’uruguaiano penserà Arruabarrena, consapevole della prestazione, comunque di livello, spalmata nell’arco del match dal ragazzo nativo di Nueva Helvecia. Nella giornata successiva infatti, Bentancur viene schierato nuovamente titolare, nonostante le critiche della stampa argentina che ha crocifisso il ragazzo dopo l’errore del match con il San Lorenzo. La partita questa volta è contro gli acerrimi rivali del River, nell’atmosfera caldissima del Monumental di Buenos Aires: come sempre, dopo la tempesta, esce il sole, e dopo l’errore di una settimana prima, Bentancur si riscatta pienamente giocando una gara da giocatore vero. Sempre propositivo, mai impaurito davanti al popolo dei Millionarios malgrado la giovane età. Quelle critiche del suo popolo che tanto l’hanno ferito sette giorni prima, sono servite per eliminare in maniera definitiva la spocchia del neoarrivato che deve dimostrare e la partita contro il River è forse la chiave di volta per il salto di qualità definitivo, che aiuterà dapprima il Boca a vincere quel campionato così combattuto e in seconda battuta farà innamorare Marotta e Paratici di lui qualche anno più avanti.
I successi da quel momento in avanti non tarderanno ad arrivare per Bentancur, soprattutto con la sua nazionale, con la quale nel 2017 si laurea campione del Sudamericano – il torneo dedicato alle nazionali Under-20 del Sud America –, consacrandosi definitivamente come perno fondamentale del futuro centrocampo uruguaiano. Le giovanili, infatti, iniziano a stare strette molto presto a Rodrigo, che pochi mesi più tardi viene convocato nella nazionale dei grandi. Il 5 ottobre arriva finalmente l’esordio, contro il Venezuela, da lì in avanti non si è più fermato, fino al Mondiale di Russia 2018, nel quale scende in campo in tutte le partite disputate dal suo Uruguay che arriva fino ai quarti di finale.
Un Mondiale che Bentancur conquista grazie anche a un’altra tappa fondamentale della sua carriera, ovvero l’arrivo nel calcio europeo e in particolar modo nella Juventus, dove approda a titolo definitivo a partire dal primo di luglio del 2017. Il giovane uruguaiano arriva a Torino grazie alla trattativa che porta Carlos Tévez dalla stessa Juventus al suo Boca. Affare all’interno del quale viene inserita un’opzione per una sua acquisizione a titolo definitivo per una cifra vicina ai 9 milioni di euro più 2 di bonus.
Il suo esordio in Serie A arriva il 26 agosto 2017 e il suo primo gol nel massimo campionato italiano lo mette a segno nella stagione successiva contro l’Udinese. Bentancur si consacra ai massimi livelli nella Juve di Allegri, dove inizia a trovare maggiore spazio grazie agli infortuni dei compagni di reparto ma soprattutto grazie alla fiducia del mister livornese, con il quale conduce un percorso di maturazione fuori e dentro il campo, che lo porta a trasformarsi da diamante grezzo a perla raffinata del centrocampo bianconero.
Rodrigo rispecchia tecnicamente quello che in Spagna definiscono ‘mediocentro‘, ovvero un anello di congiunzione tra difesa e centrocampo, playmaker basso deputato a uscire dal reparto arretrato e a dialogare con le mezzali nella prima impostazione. Ruolo questo, che vediamo occupare da Bentancur nell’Uruguay del maestro Tabárez e che invece nel centrocampo juventino è stato leggermente adattato, complice la presenza di Pjanić.
E proprio la presenza del bosniaco ha offuscato inizialmente il suo rendimento con l’arrivo a Torino di Sarri. Il tecnico toscano, infatti, lo ha utilizzato nella prima parte di stagione solamente in rare occasioni e perlopiù davanti alla difesa, come sostituto del centrocampista ex Roma.
La svolta per il Lolo arriva dalla partita di Lecce del 26 ottobre 2019, dove viene schierato – per la prima volta dall’arrivo del nuovo tecnico – da mezz’ala e questa volta in un modulo devoto al pressing alto e alla spinta offensiva maggiore rispetto al sistema allegriano. Dal match del Via del Mare in avanti, l’uruguaiano non lascia più il posto da titolare e sforna una serie di prestazioni ampiamente sopra la sufficienza, sintomo di una continuità e di una maturazione finalmente da giocatore di livello.
I numeri sono dalla sua parte, per rendimento la stagione sotto la guida Sarri è la migliore da quando è a Torino, con una percentuale di passaggi riusciti che tocca il 90% – statistica vicina a quella raggiunta con la sua nazionale, nella quale è il principale fluidificante –, condita da un incremento notevole di passaggi chiave, soprattutto nella metà campo offensiva – già toccata la soglia stagionale dei sette assist in campionato, eguagliando il record delle precedenti annate –, proprio come piace al tecnico ex Napoli. Si può senza ombra dubbio sostenere che il centrocampista ex Boca sia uno di quelli che meglio si è adattato al nuovo sistema di gioco, dove è libero di far correre al meglio le sue idee nel rettangolo verde, all’interno del quale sa fare calcio come pochi altri pari età nel suo ruolo.
Da un punto di vista tecnico, colpisce sempre di più il modo che Bentancur ha di intendere e di vivere la partita: sempre abile a ragionare a lungo termine e con personalità da vendere. Cerca sempre di capire come si evolverà l’azione, compiendo movimenti continui e impercettibili, fondamentali per produrre un calcio fluido come quello moderno. Perfettamente a suo agio con entrambi i piedi, l’uruguaiano sa come e quanto trattare il pallone: di prima, a due tocchi, passaggio nel corto o nel lungo poco importa, è in grado di verticalizzare o rallentare il gioco a piacimento, il tutto accompagnato da una consapevolezza tecnica e tattica che impressiona.
Da quando è arrivato in Italia è migliorato molto nella difesa del pallone, aspetto collegato anche a una crescita muscolare notevole, che favorisce ancor di più le sue doti di recupera-palloni. Da regolare sicuramente la sua aggressività, scoria di trascorsi calcistici nei quali la garra è essa stessa parte integrante del gioco, ma che in un campionato come il nostro, lo porta a commettere qualche fallo di troppo, fattore, questo, che trova conferma nell’ancora troppo elevato numero di gialli a partita.
Il Lolo – soprannome nato in famiglia per la pronuncia sbagliata del suo nome da parte del fratello minore e poi diffusosi in patria – è dunque pronto alla consacrazione definitiva dopo anni di apprendistato, utili per mostrare agli occhi del mondo quello di cui è capace e per perfezionare il suo talento innato, sempre accompagnato da una buona dose di umiltà, come è stato ben visibile a tutti da una sua intervista rilasciata poco prima di lasciare l’Argentina per arrivare in Europa. Alla domanda riguardante la sua personale reazione alle possibili critiche rivolte nei suoi confronti – qualora le cose non fossero andate nel verso giusto – egli spiazzò tutti rispondendo: «Criticano Messi, come potrebbero non criticare me?».
Leggi anche: Miralem Pjanić, il mago di Tuzla
- Rodrigo Bentancur, Lolo Land: Ailura, via Wikimedia Commons | CC BY-SA 3.0 Unported