Borussia Dortmund Klopp

Il Borussia Dortmund di Jürgen Klopp

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Ci vuole tanto, tanto lavoro per portare una squadra in profonda crisi ad una finale di Champions League in cinque anni, ma Jürgen Klopp è un grande lavoratore. Se il Borussia Dortmund viene ormai considerato all’unanimità una squadra difficile da battere e capace di grandi imprese, è soprattutto merito dell’allenatore tedesco.



Klopp viene ingaggiato dai gialloneri nel 2008, in un momento particolarmente difficile per la società, bloccata da ormai sei anni in posizioni di media – se non bassa – classifica. Emblematica è la rischiata retrocessione della stagione 2006/2007, con una cavalcata finale verso la salvezza che portò il team guidato da Thomas Doll dalla penultima posizione alla ventisettesima giornata alla nona piazza finale. In quegli anni inoltre il club rischia di fallire, complice anche la mancata partecipazione alla Champions League 2003/2004 a causa dell’eliminazione al terzo turno preliminare per mano del Bruges. Nel 2005 il Dortmund viene salvato dal fallimento – con conseguente retrocessione – dall’intervento di nuovi sponsor, tra i quali spicca il gruppo finanziario Signal Iduna, che muterà il nome dello storico Westfalen Stadion in Signal Iduna Park. La stagione 2007/2008 vede il Dortmund concludere il campionato in tredicesima posizione, ben distante dai fasti degli anni Novanta e del primissimo inizio del millennio.

In questa particolarissima situazione la dirigenza sceglie un giovane allenatore di Stoccarda, poco più che quarantenne, per organizzare una vera e propria rinascita dal punto di vista del gioco e dei risultati. Klopp non è sicuramente un allenatore occasionale, un traghettatore o uno di quelli che vogliono tutto e subito. È più un progettualista, che sa dove vuole arrivare e ha pazienza sufficiente per raggiungere il suo obiettivo in un arco di tempo più o meno lungo. La scelta stupisce in ogni caso: Klopp è reduce da una brutta esperienza con il Mainz, con il quale è retrocesso e per molti non è l’uomo giusto.



In rosa si possono già contare moltissimi giovani elementi che, grazie alla cura Klopp, sbocceranno negli anni successivi, come Neven Subotić, Mats Hummels, Marcel Schmelzer, Nuri Şahin e Jakub Blaszczykowski. Non mancano però i giocatori di esperienza, come Roman Weidenfeller e capitan Sebastian Kehl. Nella prima annata gli uomini di Klopp terminano la stagione in sesta posizione. Il manager di Stoccarda, tuttavia, alza un trofeo già dopo la primissima partita: la Supercoppa di Germania, vinta grazie ad un 2-1 ai danni del Bayern Monaco. Il bilancio della prima annata della nuova gestione è dunque positivo per il Dortmund, che scala sette posizioni in graduatoria rispetto all’anno precedente, pur non riuscendo a replicare il trionfo in Coppa di Germania.

Nella successiva sessione di mercato si può già notare l’abile pianificazione di Klopp: Hummels viene riscattato per circa quattro milioni di euro, a parametro zero arrivano Feulner – dal Mainz, precedentemente allenato da Klopp –, Le Tallec e soprattutto Kevin Grosskreutz. Vengono anche acquistati Sven Bender per un milione e mezzo di euro, Dimitar Rangelov per un milione e Lucas Barrios dal Colo Colo per altri quattro milioni. Inoltre, dalla primavera viene aggregato un ragazzino classe ‘92, nemmeno diciottene. Il suo nome è Mario Götze.

La seconda annata dell’era Klopp vede i gialloneri terminare senza nessun trofeo, ma fa da contraltare il piazzamento finale in Bundesliga. Infatti, la quinta posizione in classifica permette a Kehl e compagni di qualificarsi per l’Europa League e di ritornare a calcare i campi di calcio europei. La qualità del gioco cresce, ma Klopp ha bisogno di nuovi interpreti. Inoltre, in una squadra dall’età media così bassa, è facile pagare per almeno un paio di stagioni il prezzo dell’inesperienza.

In estate il Dortmund acquista dal mercato libero un promettente terzino destro, Lukasz Piszczek, e l’esperto centrocampista brasiliano Antônio da Silva. Dal Cerezo Osaka arriva invece un giovane trequartista giapponese, Shinji Kagawa. A questo punto manca soltanto un attaccante per sostituire il partente Valdez, e la scelta cadde su un ragazzo polacco di belle speranze, capocannoniere dell’Ekstraklasa con il Lech Poznan. Si tratta, l’avrete già capito, di Robert Lewandowski.

Per il Borussia Dortmund la stagione 2010/2011 è sinonimo di consacrazione. Klopp muta il 4-4-2 in 4-2-3-1: gli undici titolari si schierano con Weidenfeller in porta, coppia centrale Subotić-Hummels, Piszczek e Schmelzer come terzini, in mediana giocano Bender e Şahin, mentre sulla trequarti operano Grosskreutz, Götze e Blaszczykowski – che si alterna con Kagawa –, davanti il terminale offensivo è Barrios, mentre Lewandowski gli fa da vice.

Il cammino in Europa League si ferma ai gironi, e in coppa i gialloneri si arrendono al secondo turno, ma in Bundesliga è un trionfo. Nonostante la sconfitta alla prima giornata contro il Bayer Leverkusen, il Borussia Dortmund è primo già al decimo turno, e da quel momento in poi gli uomini di Klopp non lasceranno più la vetta, sigillando la vittoria finale il 30 aprile, battendo per 2-0 il Norimberga – gol di Barrios e Lewandowski. Il Meisterschale torna a Dortmund, a nove anni dall’ultimo trionfo.

Il mercato dell’anno successivo vive di pochi sussulti, da segnalare la pesante cessione al Real Madrid di Nuri Şahin per dieci milioni di euro, tramite i quali vengono acquistati il suo sostituto, Ílkay Gündoğan, e Ivan Perišić.

Nonostante sia complesso ripetere le vittorie dell’anno precedente, Klopp è sicuro di potercela fare. Lewandowski scalza Barrios nelle gerarchie e diventa titolare, dimostrandosi fondamentale nella riconferma del titolo con 22 gol. Il Dortmund viene sconfitto ai rigori dallo Schalke in Supercoppa, ma si riprende in fretta. Dalla settima giornata di campionato in poi, nessuna squadra riuscirà a battere gli Schwarzgelben, che trionferanno di nuovo, con otto punti di distacco sul Bayern Monaco a fine campionato.

Klopp alzerà al cielo nella stessa stagione anche la coppa di Germania, con una vittoria in finale per 5-2 sempre sui bavaresi – con tripletta di Lewandowski e reti di Hummels e Kagawa. Un trionfo che cancella la prematura eliminazione dalla ritrovata Champions League, con il Dortmund quarto in un girone sicuramente ostico, ma non irresistibile – Marsiglia, Olympiakos, Arsenal.




All’alba della stagione 2012/2013, il Borussia Dortmund può essere definito una realtà affermata in Germania, con qualche fatica di troppo nelle competizioni europee. In estate dall’altro Borussia, il Mönchengladbach, arriva Marco Reus. In uscita invece sono Lucas Barrios, che fa rotta per la Cina, e Shinji Kagawa, che ha stregato il Manchester United.

Il campionato è però senza storia: il Bayern Monaco porta a casa il titolo con sei giornate d’anticipo e venticinque punti di distacco finali, e anche in Coppa il cammino si ferma ai quarti. In Champions, invece, arrivano grandi risultati. In un vero e proprio girone della morte, con Manchester City, Ajax e Real Madrid, il Borussia Dortmund si posiziona saldamente al comando.

Eliminato lo Shaktar agli ottavi e il Malaga ai quarti – grazie ad un contestatissimo gol di Santana in zona Cesarini –, il Borussia Dortmund di Klopp si trova di fronte alla corazzata Real e, soprattutto, ad un Cristiano Ronaldo in forma smagliante. Nessuno sembra dare loro mezza possibilità di passaggio del turno, ma al Westfalen Stadion, la sera dell’andata, sale in cattedra Robert Lewandowski. Il giovane polacco segna il gol del vantaggio, e poi risponde al pareggio di Ronaldo con altre tre reti nel secondo tempo. I tedeschi si impongono per 4-1 e mettono un piede e mezzo in finale. Al ritorno più di qualche brivido, soprattutto negli ultimi minuti, con il Real che segna due gol. Benzema e Ramos, però, non bastano, e Klopp si ritrova nell’ultimo atto della più grande competizione europea.

La finale di Champions League 2012/13 è la prima finale della massima competizione europea per club ad avere come contendenti finali due squadre teutoniche. A Wembley i gialloneri scendono in campo contro il Bayern Monaco, reduce da due finali perse – contro Inter e Chelsea – nelle tre edizioni precedenti. La partita è equilibrata: si va negli spogliatoi sullo 0-0. Nel secondo tempo al gol di Mandžukić risponde il rigore realizzato da Gündoğan. Il sogno, però, va in frantumi ad un minuto dalla fine, quando una gran giocata di Ribéry libera Arjen Robben, che avanza, salta il disperato tackle di Hummels e deposita la palla in fondo alla rete. Il Dortmund cade ad un passo dall’impresa, ma sale alle luci della ribalta. Questa può essere considerata tutt’oggi l’apice calcistico della storia d’amore tra Klopp e il Borussia Dortmund.



Nelle due stagioni successive l’allenatore di Stoccarda racimolerà buoni successi e anche due Supercoppe. Inoltre, verranno fatti acquisti fondamentali per la crescita sportiva ed economica del club. Nell’estate 2013, ad esempio, la cessione di Götze al Bayern finanzierà gli acquisti di Pierre-Emerick Aubameyang e Henrikh Mkhitaryan, mentre la difesa sarà rinforzata da Sokratis. Quell’anno Lewandowski e compagnia otterranno un secondo posto in campionato, la finale di coppa di Germania e raggiungeranno i quarti di Champions League contro il Real Madrid.

La cessione del polacco la stagione successiva porterà la dirigenza ad acquistare Ciro Immobile. La sua avventura in terra nordica sarà piuttosto deludente, come del resto tutta la stagione della squadra, settima in campionato e facilmente neutralizzata agli ottavi dalla Juventus di Carlos Tévez. Il 15 aprile Klopp annuncia che non rinnoverà il contratto con la società e la lascerà dopo sette anni di successi. Il primo luglio 2015 il posto di allenatore viene occupato da Thomas Tuchel, mentre Klopp si accaserà a Liverpool.

Finisce così una relazione che ha fatto crescere e maturare entrambe le parti: Jürgen Klopp ringrazierà il Borussia Dortmund per aver avuto nuovo slancio nel suo ruolo di allenatore, mentre il Borussia Dortmund ringrazierà Jürgen Klopp per aver gettato le basi per un top club e per averlo portato sul tetto di Germania e quasi in cima all’Olimpo.

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