Khvicha Kvaratskhelia

Khvicha Kvaratskhelia si muove al confine tra due realtà

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Nella galassia sterminata di video “Skills & Goals” che si espande giorno dopo giorno su YouTube, ce n’è una fetta consistente che ha come soggetto Khvicha Kvaratskhelia. In un momento storico in cui sulla stessa piattaforma già troviamo approfondimenti e paragoni tra Cristiano Ronaldo Jr. e Thiago Messi – rispettivamente di dodici e dieci anni –, che almeno una trentina di video sia dedicata a Kvaratskhelia non sorprende più di tanto, visto che da quando è arrivato al Napoli ha avuto un impatto sulla squadra e sulla stessa Serie A impronosticabile per un ragazzo poco più che ventenne proveniente dalle zone periferiche del calcio europeo, disabituato al contesto tecnico-tattico italiano – basti pensare al difficile adattamento al campionato di Charles De Ketelaere, arrivato dal Brugges, che pure qualche partita in Champions League l’aveva disputata l’anno scorso.

Che Khvicha Kvaratskhelia avrebbe messo a referto 10 gol e 14 assist dopo circa metà stagione – contribuendo a una rete ogni 67’ giocati –, insomma, sarebbe stato difficile da immaginare anche per il più ottimista dei tifosi partenopei, che in estate avevano detto addio agli ultimi residui del Napoli più competitivo degli ultimi trent’anni con l’aria che hanno le persone quando sono costrette a scrostare via la carta da parati d’infanzia, perché mamma ha detto che proprio no, non possiamo continuare ad avere pareti in queste condizioni, e che la nostalgia è solo un modo per rifugiarsi nel passato.



Tornando a YouTube, nella costellazione dedicata a Kvaratskhelia si trovano video più o meno tutti uguali che inanellano le azioni salienti e i dribbling degli ultimi sei mesi col Napoli, con qualche incursione nel recente passato al Rubin Kazan o piccole variazioni introdotte dalle partite con la Georgia. Comprensibile la ripetizione per un giocatore che ha dato così tanto materiale in breve tempo, ma con ancora poche stagioni tra i professionisti.

L’unico modo che abbiamo per distinguere un video dall’altro – qualche volta – è il titolo. Uno di questi recita: «Khvicha Kvaratskhelia is the right-footed Messi». C’è da chiedersi cosa accomuni le due figure così tanto da spingere qualcuno a sfruttare un titolo del genere per un video che, tra l’altro, riguarda solo l’ala georgiana, senza nessun paragone con l’argentino accennato all’interno. La risposta è, in breve: quasi nulla. Ciclicamente spuntano paragoni con Messi, con l’obiettivo di trovarne un erede prolungando la dinastia di giocatori dominatori del calcio contemporaneo o, banalmente, di creare hype attorno a una nuova figura. Solo per citarne alcuni che si sono fregiati di questo titolo: Mauro Zárate, Bojan Krkić, Alen Halilović, Gabriel Torje. Alcuni lo hanno ricordato vagamente per similitudini tecniche; altri nelle movenze o nell’aspetto, col fisico minuto e il baricentro basso; altri ancora sono stati accostati a lui per la loro vicinanza culturale al mondo-Messi. Ovviamente nessuno di loro è riuscito neanche lontanamente ad avvicinarsi al tipo di carriera di Messi ma, anche solo a livello estetico – un taglio di capelli, l’uso del piede sinistro – in brevi tratti della loro vita calcistica lo hanno ricordato.

Il video in questione, con alcune delle migliori giocate del georgiano

Kvaratskhelia non ha nessuna delle caratteristiche citate, a cominciare dall’aspetto: alto 183 centimetri, ciuffo indomabile, barba leggermente incolta come se fosse appena entrato a far parte di una comunità Amish, andatura caracollante e calzerotti abbassati. Tutto in lui rimanda alla visione di un calciatore europeo degli anni Settanta.

Osservarlo dal vivo restituisce appieno la sensazione di trovarsi al cospetto di un giocatore nato e cresciuto in un’altra epoca, in cui gli atleti erano già professionisti ma ancora dovevano imparare a smussare perfettamente le storture e le individualità per diventare non solo prototipi di calciatori efficaci, ma anche efficienti. Dagli spalti infatti, dove anche un occhio attento non riesce a distinguere perfettamente tutti i micromovimenti e le interazioni che avvengono tra il giocatore e la sfera, la figura di Khvicha Kvaratskhelia assomiglia a quella di un freak, sempre un po’ ingobbito, scoordinato, pronto a incespicare sul pallone o ad allungarselo quel tanto che basta da perderlo. Il georgiano sembra essere continuamente in balia della situazione o degli avversari come un naufrago su una zattera sballottata nella tempesta, e la riuscita di un dribbling o la vittoria di un duello individuale appaiono, in molti casi, il frutto della fortuna. Tutto il contrario di Messi insomma, che sul pallone e sugli avversari sembra avere un controllo quasi mistico.



Ma il senso di stupore e di meraviglia di fronte alle giocate di Kvaratskhelia viene fuori soprattutto per la natura apparentemente aleatoria ed estemporanea dei suoi successi, come ad esempio nel suo secondo gol al Monza alla seconda giornata di campionato. Dopo aver controllato la palla di esterno destro e averla portata avanti con un altro tocco dello stesso piede, carica il destro con un movimento talmente accentuato che sembra impossibile, a quel punto, non concludere a rete. Invece, la nuova ala sinistra del Napoli lascia scivolare il pallone sul mancino con un ulteriore tocco d’interno destro che disorienta il difensore del Monza, che quasi cade per la velocità del cambio di direzione. A quel punto c’è un tocco immediato di sinistro per portarsi avanti una palla che sembra potersi incastrare tra le gambe, e infine la conclusione ad incrociare di sinistro.

Il tocco col destro a rientrare, visto al rallentatore, è stato nascosto e liftato talmente tanto da ricordare quelle situazioni che appartengono solo al tennis, dove un giocatore finta un diritto lungolinea per poi cambiare impugnatura all’ultimo secondo utile e giocare la smorzata che tagli le gambe all’avversario. Tutto questo, dal vivo e in una frazione di secondo, non si è visto. Si è avuta la percezione invece che a Kvaratskhelia il pallone fosse rimasto sotto proprio al momento del tiro e che, non si sa come, sia riuscito a portarselo sull’altro piede quasi inciampando.

Non solo gli osservatori esterni, ma anche le difese che affrontano Kvaratskhelia devono avere l’impressione che alcuni controlli e rimbalzi del pallone siano frutto del caso, perché gli avversari sembrano sempre essere in perfetto controllo della situazione finché, improvvisamente, non lo sono più. In loro viene instillata una sensazione di falsa sicurezza, dovuta al fatto che spesso il georgiano lascia il pallone scoperto e all’apparente portata degli avversari, salvo poi sottrarlo dalla loro disponibilità in un lampo, grazie alla velocità di esecuzione di cambi di direzione improvvisi e di finte di corpo continue.

L’esempio lampante sta nel 4-1 rifilato dal Napoli a Liverpool nella prima partita dei gironi di Champions League. C’è un’azione che non porta ad un gol o a conclusioni pericolose, ma rappresenta perfettamente il modo in cui Kvaratskhelia riesce a controllare e superare la pressione avversaria. Il Napoli ha appena recuperato palla al limite della sua area e ha la possibilità di ripartire in campo aperto. La sfera finisce tra i piedi di Kvaratskhelia, che con uno scatto supera Fabinho e, entrato nel cerchio di centrocampo, aspetta che Osimhen rientri dal fuorigioco per servirgli il pallone. Il numero nove, però, fatica a tornare in linea e sul portatore torna Fabinho, che tenta di arpionare il pallone. Kvaratskhelia si porta indietro il pallone col destro eludendo l’intervento e finta di toccarlo di sinistro, girandosi spalle alla porta. Un secondo giocatore del Liverpool si fa sotto per sottrargli il possesso ora che la sfera sembra fuori dalla disponibilità del georgiano, che con un’ulteriore sterzata di destro la sottrae in tempo utile per evitare il recupero. Ora che si è girato di nuovo, però, è sbilanciato e non ha tempo per evitare l’ennesimo affondo di Fabinho, che stavolta è sicuro di arrivare prima del suo avversario. Invece Kvaratskhelia, con un tocco sinistro improvviso sterza per l’ennesima volta e apre il gioco di destro per Lozano, mentre la suola del numero tre del Liverpool calpesta prima l’aria e poi il terreno, senza nemmeno la soddisfazione di spendere il fallo.




Ovviamente, far sentire gli avversari al sicuro non è l’unico motivo per cui Kvaratskhelia è tanto pericoloso nell’uno contro uno. In una recente intervista a DAZN ha dichiarato che gli avversari non possono imparare a conoscerlo perché ha intenzione di continuare a inventare nuovi modi per superarli, provando e riprovando ogni movimento, così da risultare sempre imprevedibile. Ed infatti già oggi mostra un ventaglio di soluzioni notevole: tunnel, cambi di direzione – è primo in questa speciale classifica –, finte di corpo, roulete, elastici e tanto altro, ed ognuno di questi non si ripete mai ugualmente, come se il modo stesso in cui Kvaratskhelia approccia al dribbling venisse inventato di volta in volta sul momento.

Questo forse è anche il motivo per cui, nonostante tenti frequentemente l’uno contro uno, la percentuale di dribbling riusciti non sia così alta. Pur essendo il quarto in Serie A per dribbling riusciti (1.95 a partita), la percentuale rispetto a quelli tentati è “soltanto” il 32.9%. Leão, il primo della lista (2.19 a partita), ha una percentuale molto più alta (43%), ma anche Radonjic e Banda, sul podio, raggiungono rispettivamente il 35% e il 41.8%. Per perfezionare al meglio tutte le armi a disposizione ed imparare quale usare e in che momento precisamente ci vorrà del tempo, proprio per la varietà di scelte che ha a disposizione.

È anche vero che Kvaratskhelia, a differenza degli specialisti del dribbling, è un giocatore più completo che non basa tutte le sue fortune sull’abilità nell’uno contro uno, anche se è la qualità che salta più all’occhio ad un primo sguardo. È tra i primi in tutte le classifiche legate alle occasioni create in open play, ed è addirittura secondo per xA (4.33), dietro soltanto a Muriel. Anche la percentuale di duelli vinti, rispetto a chi gioca nel suo stesso ruolo, è molto alta, e questo ci racconta di un suo punto di forza che passa spesso inosservato, forse proprio per la sua postura in campo: la fisicità.

Tutto questo fa di Khvicha Kvaratskhelia un giocatore ibrido, incastrato tra due realtà distanti anni luce. Da una parte un mondo fatto d’improvvisazione, estro e un pizzico di fortuna, un mondo in cui l’imperfezione è fonte di unicità e stupore, con il caso che porta a soluzioni sempre nuove. Dall’altra parte l’allenamento costante e la metodicità nel ricercare nuove soluzioni, il controllo sulla realtà attraverso la manipolazione. Non pare un caso allora che i giocatori indicati come fonte di ispirazione dal georgiano siano Guti e Cristiano Ronaldo, due figure apparentemente agli antipodi. Lo spagnolo, ultimo residuo di un calcio anacronistico, superato da uno sport che va a velocità doppia, ma ancora capace di appagare pienamente il senso estetico di chi sta a guardare, come quelle locomotive a vapore che ci ritroviamo ad ammirare nei musei. Il portoghese, prototipo del superuomo richiesto dal calcio contemporaneo, esponente di quella cerchia di sportivi sempre pronta, mai stanca e mai soddisfatta, come Steph Curry o Kobe Bryant – entrambi modelli di vita per lui.

Così, Khvicha Kvaratskhelia si muove al confine tra due realtà, facendo apparire davanti ai nostri occhi la prima e nascondendoci la seconda, donandoci per brevi momenti l’illusione di essere tornati indietro nel tempo, pur restando bloccati nel presente.

In una Serie A che negli ultimi anni si è privata sistematicamente di giocatori capaci di questo tipo di magia, in un Napoli appena orfano di un leader tecnico come Lorenzo Insigne ed incapace di andare oltre un’idea di calcio ancorata agli anni di Sarri, che aveva dato forma a una squadra entrata così tanto sottopelle ai tifosi da cancellare ogni altra possibile alternativa per puntare alla vittoria, Khvicha Kvaratskhelia è diventato il simbolo del nuovo corso. Ha ricordato a tutti che un altro tipo di calcio è possibile, riportando in primo piano la bellezza del gesto tecnico che stavolta, incidentalmente, è anche efficace.

Aspettare una partita del Napoli, quest’anno, restituisce un senso di attesa diverso, quello di scoprire cosa si inventerà di nuovo e la consapevolezza che in ogni caso si rimarrà stupiti. Forse, in fondo, questo è il tratto che accomuna Khvicha Kvaratskhelia e Lionel Messi: la capacità di stupire continuamente chi osserva, concentrato, in attesa di scoprire il trucco dietro l’inganno, salvo poi rimanere a bocca aperta domandandosi: «come avrà fatto?».

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