Manchester City 2012

Manchester City 2012, i noisy neighbours sul tetto d’Inghilterra

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Moltissime città dalla grande tradizione calcistica presentano una squadra più debole rispetto a quella più blasonata e spesso più tifata. Chiedetevi, ad esempio, cosa voglia dire per i tifosi del Torino, dell’Espanyol o del Monaco 1860, avere dei vicini come Juventus, Barcellona o Bayern Monaco.

Fino al 2011 questa situazione era presente anche a Manchester, dove lo United di Sir Alex Ferguson dominava in lungo e in largo da anni sia in Inghilterra che in Europa. Il manager scozzese allenava la parte rossa della città dal 1986, portando in bacheca – fino all’inizio della stagione in questione – ben 36 trofei. Dall’altra parte c’era il City, che non vinceva nulla da ben dieci anni prima dell’arrivo di Sir Alex ad Old Trafford, arrivando a giocare in terza serie nella stagione in cui lo United faceva il Treble. Un autentico “bullismo legalizzato” da parte dei tifosi dei Red Devils nei confronti dei cugini, come ci insegna Jimmy Grimble.

Aggiungiamo poi il carico da undici messo dallo stesso Ferguson, che, riferendosi ai blu di Manchester, dichiarava: «Può capitare di avere dei vicini rumorosi, non puoi farci niente: saranno sempre rumorosi. Bisogna andare avanti con la propria vita, alzando il volume della TV». Un autentico smacco per i tifosi e soprattutto per la nuova proprietà emiratina del City, che dal 2008 in poi comincia a investire milioni su milioni per portare gli Sky Blues ai vertici.



Dopo la prima stagione con Mark Hughes in panchina e il nuovo acquisto-record Robinho – 43 milioni di euro – sul terreno di gioco, la squadra viene affidata a Roberto Mancini, mentre la campagna acquisti è faraonica: Emmanuel Adebayor e Kolo Touré dall’Arsenal, Gareth Barry dall’Aston Villa, Joleon Lescott dall’Everton – pagato 28 milioni, allora una cifra enorme per un difensore centrale –, ma soprattutto il colpaccio Carlitos Tévez, proveniente proprio dal Manchester United, per quasi 30 milioni. Emblematico il cartellone che campeggiava in città con la foto dell’Apache e la scritta, in caratteri cubitali: «WELCOME TO MANCHESTER».

La squadra finisce quinta in campionato, qualificandosi per l’Europa League e facendo intravedere i primi progressi. Nell’estate 2010 gli investimenti sul mercato sono ancora più ingenti: arrivano Yaya Touré e Mario Balotelli – autentici pupilli del Mancio –, ma anche Jerome Boateng, David Silva, Aleksándar Kolárov e James Milner, mentre a gennaio arriverà anche il bosniaco Edin Džeko dal Wolfsburg.

In campionato il Chelsea campione in carica parte forte e resta in testa fino alla tredicesima giornata, ma in inverno i Blues frenano a vantaggio delle due di Manchester che arrivano al giro di boa a pari punti. Alla ventiduesima il City è primo da solo, ma dal turno successivo – nel quale gli uomini di Mancini perdono a Stamford Bridge – sono i cugini rossi a riprendere il comando fino alla fine della stagione, con il Manchester City che stecca soprattutto le partite con le big – Chelsea, Liverpool ma soprattutto il derby perso per 2-1 ad Old Trafford con quella rovesciata straordinaria di Wayne Rooney.

La squadra di Alex Ferguson si laurea campione d’Inghilterra con due giornate d’anticipo, mentre i noisy neighbours si dovranno accontentare del terzo posto a -9 dai Red Devils. In Europa l’eliminazione è dolorosa, dato che i mancuniani si fermano solo agli ottavi, eliminati dalla Dinamo Kiev dell’eterno Andriy Shevchenko. La soddisfazione migliore della stagione arriva però dall’FA Cup, competizione nella quale gli Sky Blues si prendono una parziale rivincita contro lo United, eliminandolo in semifinale. Il City vincerà la coppa battendo 1-0 lo Stoke di Tony Pulis nell’atto conclusivo di Wembley, il gol decisivo è di Yaya Touré a un quarto d’ora dalla fine.

Il terzo posto in campionato permette alla squadra del Mancio di qualificarsi per la Champions League, a 43 anni dall’ultima apparizione – quando ancora si chiamava Coppa dei Campioni. Quarantatré come gli anni senza vincere un campionato, che manca appunto dal 1967/1968. Quel titolo, arrivato dopo trent’anni anni dal primo e non replicato per più di quaranta, non rievoca solo bei ricordi, ma porta con sé un fastidio e una rabbia che alimentano la rivalità con lo United: contemporaneamente a quella vittoria, infatti, gli odiatissimi cugini vincevano la Coppa dei Campioni a Wembley, oscurando il grande successo dei Citizens.



Nella stagione 2011/2012 il Manchester City spende meno rispetto all’anno passato, ma acquista giocatori che saranno decisivi: Gaël Clichy, Samir Nasri ma soprattutto Sergio Agüero, pagato 45 milioni di euro. L’annata, però, parte male: lo United batte il City 3-2 nel derby del Community Shield e si porta a casa il primo trofeo domestico. I rossi elimineranno gli Sky Blues con lo stesso risultato nel terzo turno di FA Cup a gennaio. In Coppa di Lega non andrà tanto meglio così come in Champions, dove passare in un girone con Bayern, Napoli e Villarreal era difficile, ma il terzo posto nel raggruppamento manda i Citizens in Europa League. Il percorso europeo si fermerà di nuovo agli ottavi, dove lo Sporting Lisbona passerà per i gol fuori casa – 1-0 per lo Sporting all’Alvalade e 3-2 City in Inghilterra.

L’obiettivo – anche se non dichiarato – resta la Premier League. La squadra di Mancini parte fortissimo, vince dodici delle prime quattordici partite, pareggiando le altre due. La soddisfazione più bella della prima parte di stagione è il derby vinto in casa dello United, un risultato già incredibile di per sé, dato che nei precedenti ventisette derby – dal 1976 al 2011 – giocati in casa dai Red Devils, solo una volta erano riusciti a vincere, ma quello che fa letteralmente impazzire i tifosi è il risultato: 6-1 per i Citizens. Segnano Balotelli – mostrando il suo iconico «Why always me?» –, Džeko per due volte, Agüero e David Silva.

Il primo stop del Manchester City, nell’annata 2011/2012, arriva al quindicesimo turno, quando viene sconfitto per 1-0 dal Chelsea a Londra. A fine stagione Drogba e compagni vinceranno a sorpresa la Champions League, guidati da Roberto Di Matteo.

Il City mantiene la testa della classifica fino alla diciannovesima giornata – la seconda sconfitta, 1-0 a Sunderland, favorisce il ritorno dello United a pari punti –, riprendendola dopo due turni e inanellando sette successi nelle successive otto gare, ma il brusco stop al Liberty Stadium – 1-0 contro lo Swansea – permette al Manchester United di agguantare per la prima volta in stagione la testa della classifica in solitaria. I blu di Manchester entrano in crisi: vincono una sola partita delle successive quattro e il divario con gli uomini di Ferguson, che non sbagliano, sale a otto punti.

Il titolo sembra ormai indirizzato verso Old Trafford, ma a sei giornate dal termine lo United cade a Wigan mentre i Citizens battono 4-0 il WBA in casa. Il distacco tra le due squadre ora è di cinque lunghezze. Due giornate dopo il City vince a Wolverhampton mentre i cugini pareggiano contro l’Everton, in un pirotecnico 4-4 con i Red Devils in vantaggio di due gol fino a cinque minuti dalla fine. Ora sono solo tre i punti che separano le due formazioni, e la giornata successiva prevede lo scontro diretto all’Etihad. Il big match finisce 1-0 per il Manchester City, con gol decisivo di capitan Kompany allo scadere del primo tempo. Le due squadre sono nuovamente a pari punti.




La penultima giornata vede i campioni in carica vincere 2-0 contro lo Swansea in casa, mentre gli Sky Blues passano con lo stesso risultato sul campo del Newcastle. Si arriva così al fatidico 13 maggio 2012, siamo all’ultimo turno di Premier League e non si sa ancora chi vincerà tra il Manchester United e il Manchester City. I Red Devils sono di scena allo Stadium of Light contro un Sunderland già salvo, i Citizens giocano in casa contro il QPR, che si trova a due punti dalla retrocessione. Dopo venti minuti lo United va avanti con Rooney, il City fa lo stesso con un gol fortunoso di Zabaleta a cinque minuti dall’intervallo.

A Sunderland la squadra di Sir Alex gestisce il vantaggio ma all’Etihad accade l’imponderabile: il QPR – saputo del vantaggio del Bolton che, vincendo, manderebbe gli Hoops in Championship – ribalta clamorosamente il risultato, prima pareggiando con Djibril Cissé – arrivato a gennaio dalla Lazio – e poi siglando il 2-1 con Mackie. Il parziale si trascina fino allo scadere, e intanto il Bolton subisce il gol del pareggio, che permetterebbe al QPR – in vantaggio ma con l’uomo in meno a causa dell’espulsione folle di Joey Barton – di salvarsi anche con una sconfitta.

Sembra l’ennesima delusione per il Manchester City, ma sugli sviluppi di un calcio d’angolo Džeko pareggia di testa. Due a due, che però non basta. Nel frattempo finisce la partita dello Stadium of Light e i giocatori di Ferguson esultano compostamente, ma prima vogliono aspettare il fischio finale anche a Manchester. Con il trofeo già diretto nel nord-est, il Dio del calcio dà la definitiva rivincita ai noisy neighbours: 93 minuti e 20 secondi, il Manchester City avanza, Balotelli riceve palla spalle alla porta e la gira per Agüero, che entra in area e la mette alle spalle del portiere del QPR Paddy Kenny.

L’Etihad Stadium esplode, e il trofeo che sembrava già diretto a Sunderland torna verso Manchester, ma questa volta nella parte blu. Vincent Kompany solleva la Premier in uno stadio impazzito di gioia per un titolo che sembrava più utopia che realtà. Da allora in poi il cammino – e il palmarès – dei Citizens sarà sempre più in ascesa. L’anno successivo lo United vincerà nettamente il campionato – nell’ultima stagione di Ferguson in panchina –, e da lì in poi – salvo la parentesi Mourinho – sarà sempre più oblio per i blasonati cugini.

Dal 2012 in poi, per il Manchester City, saranno sempre di più gli innesti di livello in rosa, ma soprattutto i trofei in bacheca. Nella sponda rossa della città si sentono sempre di più i noisy neighbours, e adesso non basta alzare il volume della TV per ignorarli.

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