Nella sua lunga e gloriosa storia in Champions League, le finali in cui il Milan non è partito con i favori del pronostico, sia tra le sette vinte vinte che tra le quattro perse, sono state davvero poche, ed è questo che rende unica quella del 18 maggio 1994, vinta allo Stadio Olimpico di Atene con uno schiacciante 4-0 contro il Barcellona di Johan Cruijff, che per molti aveva già il trofeo in bacheca.
I rossoneri si presentano nella capitale greca dopo la bruciante sconfitta nella finale dell’anno precedente ad opera dell’Olympique Marsiglia, mentre il Barcellona spera di replicare la vittoria di due anni prima contro la Sampdoria di Boškov. Il Milan, per approdare all’atto conclusivo della competizione, ha affrontato ed eliminato lungo il suo percorso Aarau, Copenaghen, Porto, Werder Brema, Anderlecht – queste ultime tre nel girone intermedio – e Monaco; i catalani, dal loro canto, hanno superato gli ostacoli Dinamo Kiev, Austria Vienna, Monaco, Galatasaray, Spartak Mosca – queste ultime tre nel girone intermedio – e Porto.
La squadra allenata da Fabio Capello ha conquistato il suo quattordicesimo scudetto da un mesetto circa e non gioca da oltre due settimane, rischiando di arrivare poco in forma all’appuntamento, e deve inoltre sopperire alle importanti assenze in difesa del suo capitano Franco Baresi e di Alessandro Billy Costacurta. Il Barcellona si è invece laureato campione di Spagna solo tre giorni prima della finale, conquistando il titolo all’ultima giornata e celebrandolo quindi abbondantemente nonostante l’imminenza della gara.
In Catalogna l’esito della partita con il Milan sembra scontato: nei giorni precedenti alla grande sfida, Johan Cruijff, allenatore di quel Barça e uno dei personaggi calcistici più importanti di sempre, si è lasciato andare a dichiarazioni sibilline, riportate nella telecronaca dall’indimenticabile voce di Bruno Pizzul: «Cruijff ha dichiarato che la sua squadra è superiore, fa un gioco più spettacolare e che le assenze di Baresi e Costacurta peseranno molto».
Il tecnico olandese si spinse anche oltre, dichiarando che la differenza tra il Barcellona e il Milan era evidente anche dagli acquisti fatti – rispettivamente Romario, considerato internazionalmente un campione, e Desailly «un operaio» –, ed invitando i tifosi italiani a «godersi lo spettacolo del calcio del Barcellona».
Dall’ambiente rossonero invece pervase rispetto e grande concentrazione nella preparazione alla gara. Capello ha tutto il tempo per preparare alla perfezione la sfida, risponde ai giornalisti che la sua squadra potrà giocarsela anche senza Baresi e Costacurta e che deve soltanto fare la sua partita.
L’undici con cui il Milan si presenta in finale, disegnato dal tecnico friulano con un attento 4-4-2, fa impallidire qualunque appassionato di calcio: Sebastiano Rossi; Mauro Tassotti, Filippo Galli, Paolo Maldini, Christian Panucci; Zvonimir Boban, Demetrio Albertini, Marcel Desailly, Roberto Donadoni; Dejan Savićević, Daniele Massaro.
Cruijff risponde con un 4-3-3: Andoni Zubizarreta; Albert Ferrer, Ronald Koeman, Miguel Ángel Nadal, Sergi; Guillermo Amor, Pep Guardiola, José Mari Bakero; Hristo Stoičkov, Romario, Txiki Begiristain.
La spregiudicatezza delle dichiarazioni dell’allenatore olandese si riflettono nella formazione da lui disegnata: Romario e Stoičkov tendono a non ripiegare né pressare in fase di non possesso, rischiando di lasciare il centro del campo e sulle fasce in pieno controllo dei rossoneri.
Nei primi minuti la partita è poco spettacolare, il Milan sembra leggermente più in palla ma non si segnalano grandi occasioni. L’unica rilevante capita sulla testa di Panucci su cross da fuori area, ma viene annullata per un fuorigioco.
Il Milan è sempre in superiorità sulle fasce, dove le iniziative delle due catene Boban/Tassotti a destra e Donadoni/Panucci sulla sinistra sovrastano sempre rispettivamente Sergi e Ferrer, con il centrocampo blaugrana che annaspa sul giro palla rossonero. I tre del Barcellona fanno il possibile, ma i meneghini si passano la sfera molto rapidamente, impedendogli di recuperare il possesso e costringendoli a grandi corse a vuoto.
Inoltre, a dispetto delle parole di Cruijff, che aveva descritto il Milan come una squadra che gioca solo di contropiede, i rossoneri accompagnano spesso e volentieri la manovra con azioni corali ed elaborate.
Con il passare dei minuti il teorico 4-4-2 del Milan si profila in realtà come un 4-5-1 con Savićević unica punta e Massaro libero di svariare alle sue spalle. La disparità numerica in mezzo al campo diventa sempre più netta e a metà primo tempo il risultato si sblocca: Boban anticipa Sergi e serve Savićević, che supera Nadal ed arriva di fronte a Zubizarreta. Il Genio, invece di tirare, aspetta l’uscita del portiere spagnolo ed in caduta alza il pallone sul secondo palo per Massaro, che appoggia comodamente in rete.
Vedendo la sua squadra in difficoltà, Cruijff corre ai ripari: inverte le posizioni di Stoičkov e Begiristain per avere un’ala che torni in difesa a seguire Panucci, che sta imperversando liberamente sulla fascia, ma sul finire del primo tempo il Milan raddoppia con un’azione mirabolante: Galli lancia sulla destra, doppio scambio nello stretto tra Savićević e Boban, che poi allarga su Tassotti. Il difensore romano restituisce palla al croato, che cambia gioco a sinistra per Donadoni, il quale brucia completamente Ferrer, arriva sul fondo e mette al centro per Massaro, che con un sinistro a incrociare sul secondo palo realizza la sua personale doppietta.
Il finale di primo tempo è una mazzata per i blaugrana, annichiliti nel gioco, sotto di due gol e soprattutto incapaci di rendersi pericolosi dalle parti di Sebastiano Rossi.
Sarebbe lecito aspettarsi un secondo tempo di fuoco, in cui il Barcellona cerca dal primo secondo di gioco a rimettere in piedi la gara con ogni energia residua, avendo ormai poco da perdere, e invece i rossoneri chiudono la partita ad inizio ripresa: su un lancio lungo Savićević contrasta Nadal sulla fascia, gli soffia il pallone e alza un pallonetto imparabile sul secondo palo dal limite laterale dell’area di rigore, mettendo a segno uno dei gol più spettacolari della storia della competizione. L’asso jugoslavo, autore di una prestazione sublime indipendentemente dal gol, dimostra a Silvio Berlusconi di meritare il suo soprannome – il presidente rossonero lo aveva caricato prima del match dicendogli: «Se sei davvero il Genio dimostralo ad Atene».
Dopo il 3-0 il Barcellona sembra perdere il controllo. In pochi minuti vengono ammoniti Nadal, Sergi e Ferrer ed in generale quasi tutte le azioni rossonere sono interrotte da interventi fallosi dei blaugrana, ormai chiaramente frustrati e consapevoli dell’impossibilità di ribaltare il match. Al 58’, da una punizione battuta rapidamente da Albertini, Savićević riceve in area e conclude, ma il suo tiro si stampa sul palo; nella stessa azione, però, il Barcellona sbaglia in uscita, Desailly recupera ed arriva a concludere solo davanti al portiere dopo una rocambolesca triangolazione con Albertini: Milan-Barcellona 4-0.
La mezz’ora finale è abbastanza povera di emozioni, dopo il 4-0 il Barcellona ha chiaramente capito che la gara è finita e tenta almeno il gol della bandiera, ma non riesce a creare neanche una palla gol nitida; il Milan invece sembra “accontentarsi”, c’è tempo solo per un’altra grossa occasione sul sinistro di Savićević, servito perfettamente da Donadoni, che però manda a lato.
Al fischio finale i rossoneri possono festeggiare la quinta Champions League della loro storia. Nella notte che poteva sancire l’ennesimo trionfo di un genio calcistico come Johan Cruijff, il Genio ad emergere fu quello di Savićević. Ma la realtà è che, di fronte ad una partita del Milan giocata in maniera così perfetta, tanto da annichilire con un 4-0 quel Barcellona, diventa difficile citare qualcuno in particolare. La compattezza dell’intero reparto difensivo, le sgroppate di chi ha agito sulla fascia, la qualità di chi ha giocato in mezzo, la rifinitura di chi era in avanti. Tutti sono stati fondamentali e straordinari al fine del risultato, riuscendo a umiliare nettamente una delle squadre più importanti nella storia del calcio.
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