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Nahitan Nández, un leone all’ombra dei quattro mori

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La figura del leone è spesso presente nella mitologia di vari popoli: per mesopotamici e babilonesi, ma anche per i greci, rappresentava in pieno la forza, tanto che i loro più grandi eroi erano gli unici capaci di domarli; gli egizi raffiguravano i faraoni con la Sfinge, ovvero una creatura con corpo di leone e testa di uomo; per i cinesi, invece, proteggeva gli uomini dagli spiriti maligni. Stranamente, però, il leone non è rappresentato nella mitologia nuragica, ma a compensare questa assenza ci sta pensando Nahitan Nández, un leone arrivato dal Sud America.



Nández nasce il 28 dicembre 1995 in Uruguay, più precisamente a Punta del Este, nel dipartimento di Maldonado. In quella che è una delle località turistiche più suggestive e attraenti dell’intero subcontinente, il piccolo Nahitan cresce come un bambino sempre in movimento e difficile da controllare per la madre María e il padre Alfredo. Come la maggior parte dei bambini sudamericani, Nández sviluppa presto una grande passione per il pallone e inizia a giocare nelle giovanili del Club Atlético Fernandino di Maldonado, dove veste la camiseta numero 18 dei biancorossi. Il suo primo allenatore Darwin Torres si accorse subito delle sue grandi qualità di corsa e di leadership: nonostante un corpo basso e compatto, Nández era già devastante atleticamente e riusciva con facilità a ricoprire tutte le zone del campo per guidare i compagni, esattamente come un piccolo comandante.

Dopo un’ulteriore esperienza al Club Atlético Ituzaingo, nel 2013 ecco finalmente il passaggio in una grande del fútbol uruguayo, con il Peñarol della capitale Montevideo che ne acquisisce le prestazioni e lo indirizza nella squadra Under-19. Nahitan è un predestinato e neanche un anno dopo arriva l’esordio con la prima squadra aurinegra, entrando al posto dell’istituzione del club Antonio Pacheco nella sfida al Danubio. Quel ragazzo con il 25 sulle spalle dimostra di essere davvero un calciatore speciale, un trattato di perseveranza e grinta sul campo, un autentico mago dei contrasti. La posizione di trequartista gli permette di partecipare spesso alle azioni offensive e di rivelarsi un’autentica spina nel fianco per le difese avversarie, grazie soprattutto ai suoi strappi e ai frequenti assist che forniva ai compagni. L’impegno sempre più frequente gli fa guadagnare nelle successive annate un minutaggio maggiore e un ruolo da protagonista: si rivela una pedina fondamentale per la vittoria del titolo nella stagione 2015/2016, il primo per i gialloneri dopo un digiuno di due anni, e l’anno successivo dimostra di essere un predestinato a tutti gli effetti, quando l’allenatore Leonardo Ramos gli concede la fascia di capitano, rendendolo in questo modo il capitano più giovane della storia del Peñarol. L’esordio con i gradi di capitano è semplicemente magico, dal momento che il ventunenne Nahitan segna due gol nella vittoria per 4-0 contro il Tanque Sisley.

La carriera è ormai in rampa di lancio, il giovane Nahitan è stato adeguatamente svezzato dalla squadra più titolata d’Uruguay ed è tempo per lui di allargare i propri orizzonti e di sognare in grande. La chiamata del Boca Juniors nel settembre 2017 è una vera e propria consacrazione per il piccolo leone, ora pietra angolare del centrocampo di una squadra in grado di lottare anche per il titolo di campione del Sud America, opportunità che non poteva essergli offerta da un Peñarol ancora in piena fase di ricostituzione di un’identità che nello scorso secolo l’aveva portato a consacrarsi come el Campeón del Siglo. All’ombra della Bombonera la risonanza mediatica delle giocate è inevitabilmente molto più esponenziale che in ogni altra parte del continente, e Nández mette in mostra tutte le qualità di corsa e atletismo, oltre che di grinta, che in patria gli avevano fatto guadagnare il soprannome di León, il leone capace di vincere ogni contrasto e lasciare tutto sul campo. A ciò si aggiunge anche un gran tiro dalla distanza, una vera e propria arma potenzialmente letale per ogni squadra avversaria.

L’infortunio di Gago ne ha arretrato il raggio d’azione dall’originaria posizione di trequartista a quella di mediano davanti alla difesa. Il cambiamento non ha comunque rappresentato una difficoltà per il versatile uruguayo: la sua duttilità atletica e tattica gli permette infatti di adattarsi benissimo a tutti i ruoli del centrocampo, come evidenziato dalla posizione di esterno che ricopre nella Nazionale guidata da Tabárez.



Sono state probabilmente la versatilità e la capacità di ringhiare su ogni pallone che hanno rubato gli occhi a molti spettatori nel corso della finale di Copa Libertadores persa nel Superclásico contro il River Plate, in quella sfida del Santiago Bernabéu dove Nández ha fornito un assist di pregevole fattura per l’iniziale vantaggio xeneize firmato da Benedetto e ha comunque disputato una partita di totale sacrificio fisico per tutti i 120 minuti di gioco. Una partita che ha attirato le attenzioni di diversi club europei e che ha invece confermato le opinioni di chi era già convinto di trovarsi dinnanzi ad un potenziale campione, come il Cagliari di Giulini che, con un investimento molto importante economicamente – Nández è diventato il giocatore più costoso della storia dei sardi –, ha messo a segno un acquisto di altissimo livello.

Oltre a Nahitan, nella stessa stagione, approdano a Cagliari Marko Rog e soprattutto Radja Nainggolan, che insieme a lui e ai giocatori già presenti in rosa formano un centrocampo di tutto rispetto, messo in piedi dopo la cessione di Barella. L’annata promette bene, e il Cagliari parte fortissimo, e con esso, senza mostrare particolari difficoltà di adattamento, anche Nández, che è fin da subito in campo un punto di riferimento per l’allenatore e per i compagni. Poi, però, si rompe qualcosa: il calo di rendimento, il placarsi dell’entusiasmo e i risultati che costringono ad un cambio di allenatore – da Rolando Maran a Walter Zenga –, con in mezzo una pandemia che di certo non aiuta, sono fattori che, messi insieme, hanno rappresentato il crollo dei cagliaritani, che chiudono la stagione al quindicesimo posto in classifica. Nel contesto disperato che era diventata la seconda parte del campionato del Cagliari, l’unico che era riuscito a mantenere alto il livello del rendimento era proprio Nández, capace come sempre di un sacrificio enorme e di qualità – vedi il gol al volo da fuori area segnato nel girone di ritorno nella partita contro il Torino –, ma costretto spesso a dover sacrificare quest’ultima per fare del lavoro extra dovuto alle mancanze dei compagni, che gli è costato anche l’importante cifra di 14 cartellini gialli.

Nella stagione attuale, però, il Cagliari è guidato da Eusebio Di Francesco, un allenatore che punta molto sulla qualità della sua rosa, e che può sfruttare significativamente Nahitan anche da quel punto di vista, non a caso nelle prime apparizioni lo stiamo spesso vedendo impiegato come esterno destro del 4-2-3-1 del mister pescarese, un ruolo fondamentale all’interno dei meccanismi di gioco di DiFra, che necessita sì di qualità, ma anche di tantissima corsa e sacrificio, caratteristiche che l’uruguaiano può mettere perfettamente a disposizione.

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