retropassaggio portiere

Come la regola del retropassaggio al portiere ha rivoluzionato il calcio

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Spesso parliamo o sentiamo parlare delle perdite di tempo nel calcio, attraverso sempre più costanti e veementi richieste di introduzione del tempo effettivo o di soluzioni per sopperire al problema, che tanto infastidisce gli appassionati. È finita l’epoca degli interminabili rinvii dei portieri, delle sostituzioni con uscite dal campo estremamente rilassate e degli infortuni che costringono a terra per minuti e minuti. Questi aspetti del gioco sono sempre meno tollerati dal pubblico e dal regolamento. Quelle che un tempo erano considerate delle furbate lecite per ottenere un risultato, oggi rappresentano degli inaccettabili ostacoli per lo spettacolo – basti pensare che recentemente la leggenda tedesca Philip Lahm, in un articolo del Guardian, ha proposto di vietare anche la possibilità di difendere il pallone nei pressi della bandierina. A prescindere da come la si pensi, quello che in molti non sanno per questioni anagrafiche è che ai perditori di tempo, da oltre trent’anni, hanno tolto un’arma potentissima: il retropassaggio al portiere.


Come funziona oggi la regola sul retropassaggio al portiere

Oggi il retropassaggio al portiere rappresenta da un certo punto di vista un aspetto fondamentale del calcio moderno, con il coinvolgimento nella manovra sempre più assiduo per l’estremo difensore della squadra; un tempo era invece l’arma non plus ultra di chi le partite le voleva sfangare perdendo tempo.

Già, perché oggi se passi la palla al portiere con i piedi, quest’ultimo non può prenderla con le mani, o verrà punito con un calcio di punizione indiretto nel punto in cui il pallone viene a contatto con i suoi guanti – a meno che non si trovi nell’area piccola, in quel caso la punizione è da battere dal punto della linea che delimita la suddetta area più vicino al contatto.

Qui quando Luigi Sepe ebbe la malsana idea di concedere una punizione indiretta a Carlitos Tévez

È vero che il portiere è autorizzato a prendere il pallone con le mani se invece il retropassaggio viene effettuato con una parte del corpo che non siano i piedi, ma anche solo rimuovere la possibilità di utilizzare questi ultimi rappresenta un ostacolo non da poco, dato che si tratta dei principali attrezzi del mestiere per un calciatore.

E non è nemmeno sempre vero in realtà, come ha scoperto Marco Verratti a sue spese. Nella partita di campionato della stagione 2016/2017, tra il Paris Saint-Germain e il Nantes, il centrocampista abruzzese ha avuto la brillante idea di sdraiarsi a terra e passare il pallone con la testa, in modo che il suo compagno Kevin Trapp potesse raccoglierlo. Peccato che il gesto venga visto come un modo per eludere la regola, e che quindi il campione d’Europa 2021 sia stato ammonito per questa cosa – un episodio simile capitò ad Ivan Perišić, durante un Inter-Roma della stessa stagione, con il croato che alzò la sfera in palleggio per portarsela alla testa.

La grande giocata di Marcolino ricorda un po’ quelle che si facevano da bambini, quando a porta sguarnita si voleva segnare agli amici un gol umiliante


La partita che fece infuriare l’IFAB

Quale posto migliore poteva causare l’inizio delle polemiche, se non la nostra Italia? I primi grossi mugugni, infatti, arrivarono durante il Mondiale nostrano del 1990. Le lamentele sui retropassaggi e sulle conseguenti perdite di tempo furono copiose e accompagnarono diverse partite, ma una in particolare regalò il meglio del peggio, sotto questo aspetto.

Il 17 giugno del 1990, al Renzo Barbera di Palermo, va in scena la seconda giornata del Gruppo F, che coinvolge la Repubblica d’Irlanda e l’Egitto. La gara termina naturalmente 0-0, e le due squadre si dividono la posta in palio. Ma il motivo per cui la partita è passata alla storia è legato proprio ai retropassaggi per Pat Bonner, portiere degli irlandesi. L’icona del Celtic, infatti, in quella gara, tenne il pallone tra le mani per quasi sei minuti di gioco.

Il girone alla fine, ai danni dell’Egitto, lo passerà proprio l’Irlanda – con tre pareggi –, che batterà anche la Romania ai rigori nel turno successivo – dopo un altro 0-0 – e si fermerà solo davanti ai padroni di casa, che la eliminarono grazie alla rete di Totò Schillaci. Quei quarti di finale rappresentano ancora oggi il miglior risultato nella storia dell’Éire ai campionati mondiali di calcio.


L’ultima competizione prima della rivoluzione

Il Consiglio della Federcalcio Internazionale, dopo le numerose proteste del pubblico, decise di intervenire. Prima di applicare una regola così importante e rivoluzionaria optarono però per delle sperimentazioni, in particolare durante i Mondiali Under-17 del 1991 – svoltisi anch’essi nel Bel Paese e conquistati per la prima volta nella propria storia dal Ghana.

L’ultima grande competizione prima dell’introduzione della nuova regola è stata EURO 1992, e anche qui il retropassaggio al portiere venne sfruttato in maniera nutrita e impeccabile. La squadra che lo fece meglio fu poi quella che, contro ogni aspettativa, vinse quel torneo. Sì, perché la pagina più importante della propria storia la Danimarca la scrisse mentre Peter Schmeichel teneva il pallone al sicuro, tra le proprie braccia. Lungi da noi sminuire quella meravigliosa impresa, ma l’utilizzo di questa “falla regolamentare”, soprattutto nella finale vinta contro la Germania, fu abbastanza evidente.


Come la regola ha cambiato per sempre il calcio

Quell’Europeo del 1992, nonostante la bellissima storia della Danimarca, confermò alle istituzioni del calcio la necessità di introdurre definitivamente la regola sul retropassaggio al portiere.

Le prime gare con questa rivoluzionaria novità si giocarono alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, e la confusione nelle difese e negli estremi difensori non fu poca. La prima squadra colpita da questo cambiamento fu ovviamente l’Italia – che quando si tratta di novità regolamentari è sempre in prima fila per testarle a sue spese, vedi il golden gol –, che concesse una punizione indiretta e la conseguente rete agli Stati Uniti nella partita d’esordio del torneo – gli Azzurri vinsero comunque e passarono il girone, uscendo poi ai quarti contro i padroni di casa.

Forse però la compagine che ne ha beneficiato maggiormente, quasi un decennio dopo la sua introduzione, è stata il Bayern Monaco. I bavaresi vinsero la Bundesliga 2000/2001 proprio realizzando all’ultimo secondo dell’ultima giornata, contro l’Amburgo, un calcio di punizione indiretto conquistato dopo un retropassaggio al portiere – una rete che strappò il titolo dalle mani dello Schalke 04 e alimentò il mito della Bayern-Dusel.

Con il passare del tempo, non solo ci si abituò a questa regola – che nel 1997 venne anche rinforzata impedendo il retropassaggio direttamente dalla rimessa laterale –, ma mutò proprio il modo di giocare a calcio per diversi aspetti.

Come da obiettivo iniziale, la nuova norma limitò le perdite di tempo, rendendo il gioco molto più veloce e imprevedibile, ma non solo. Questo cambiamento può essere considerato il casus belli che ha permesso l’inizio del processo di trasformazione del ruolo del portiere, arrivato poi ai giorni nostri per come lo conosciamo. I numeri uno di tutto il mondo, infatti, dovettero cominciare ad avere a che fare sempre più spesso con il pallone senza poter usare le loro rassicuranti mani.

Nei suoi oltre cento anni di storia moderna, il calcio ha creato, adattato e migliorato diverse regole, ma nessuna ha avuto un impatto paragonabile a questa. La recente introduzione della Goal Line Technology e del VAR rappresenta un aiuto rivoluzionario e fondamentale per gli arbitri, ma niente come la regola del retropassaggio al portiere ha cambiato il gioco del calcio.

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