Barcellona debiti

Come fa il Barcellona a spendere così tanto?

Analisi AR Slider

L’epoca calcistica post-pandemia è stata tristemente caratterizzata da una generale mancanza di fondi per le squadre, ma uno dei casi di cronaca più eclatanti è stato quello del Barcellona. La squadra di Xavi, notoriamente intrisa di debiti fino al collo, riesce comunque ad operare semi-liberamente sul mercato, piazzando anche colpi molto importanti. Come è possibile che una squadra che solo un anno fa ha dovuto lasciar andare via Leo Messi, il calciatore più importante della propria storia, a gennaio sia riuscita ad ingaggiare Ferrán Torres per 55 milioni di euro e oggi possa arrivare ad offrirne 72 al Leeds per Raphinha? Come può permettersi di ingaggiare giocatori come Franck Kessié, Andreas Christensen o addirittura Robert Lewandowski? In questo articolo proveremo a rispondere a queste domande.


La situazione patrimoniale e finanziaria

La situazione economico-finanziaria del Barcellona non è di certo delle migliori. Nel triennio 2019-2021 il fatturato si è ridotto di oltre 200 milioni di euro, con perdite che hanno toccato picchi di quasi 500 milioni di euro nel 2021, pari al 56% delle perdite totali dei club spagnoli per quella stagione. Nonostante questi dati di per sé presentino una situazione alquanto tragica – se non si trattasse di una società calcistica probabilmente sarebbe già fallita –, il dato realmente preoccupante è quello connesso all’indebitamento complessivo della società. Questo dato, al 2021, ammontava a più di un miliardo di euro – ed oggi è pari a circa 1,35 miliardi.

La cifra di per sé è molto grande, ma non deve indurre in errore: capita molto spesso che società di considerevoli dimensioni ricorrano ad indebitamenti molto elevati – nel 2021 l’indebitamento complessivo del Real Madrid era quasi pari a 600 milioni di euro, per capirci. Il problema è quando le società non riescono ad adempiere ai propri obblighi, cioè i casi in cui non vengono ripagati i debiti a scadenza.

Da un primo sguardo, non sembrerebbe essere questo il caso del Barcellona. Il tempo medio di pagamento dei debiti si è ridotto addirittura nel triennio 2019-2021, passando da 27 a 21 giorni, e l’indice di liquidità nel 2020 era pari a 0,70 circa, un dato di certo non tragico. Tuttavia, vi sono alcuni dati che pongono dei dubbi consistenti circa la continuità aziendale del Barcellona.

In primo luogo, come riporta Luca Marotta nei suoi ‘Appunti’, a fine 2021 i debiti a breve termine erano maggiori dei crediti a breve termine, e se questa situazione fosse confermata per il futuro significherebbe che il Barcellona esaurirebbe molto velocemente i propri fondi per far fronte al pagamento di debiti – e questa tesi è comprovata dalla recente cessione dei diritti televisivi, probabilmente per contrastare la mancanza di liquidità imminente. Inoltre, ed è questo il dato fortemente significativo, il Capitale Circolante Netto, un indicatore che misura la differenza fra attività correnti – quindi tendenzialmente liquidità o attività che si realizzeranno entro 12 mesi – e passività correnti – discorso analogo, ma relativo alla sfera dei debiti –, a fine 2021 era fortemente negativo e pari ad oltre 500 milioni di euro. Inoltre, gli indici di liquidità totale – che misura la solvibilità dei debiti totali – e di liquidità corrente – che misura la solvibilità dei debiti a breve – sono sì positivi ma inferiori a 1, il che significa in linea teorica che ad oggi il Barcellona non ha soldi a sufficienza per risanare il proprio debito. Niente di irrimediabile, ma questo potrebbe portare nel breve periodo a dover effettuare degli importanti sacrifici sul mercato – a meno di un’immissione di denaro liquido da parte degli azionisti tramite aumenti di capitale.

Fatta questa doverosa premessa, è inevitabile anche analizzare la situazione del Barcellona per quello che è realmente, ossia un unicum del calcio moderno. Molti creditori potrebbero avere buone ragioni per non concedere ulteriore denaro in prestito, e le stesse regole del Fair Play Finanziario potrebbero porre dei paletti. Inoltre LaLiga applica anche un salary cap – ossia un massimo al totale del monte ingaggi delle squadre – che è stato ulteriormente ridotto a 177 milioni circa nel corso del 2022, proprio a causa del Barcellona. E lo stesso Barcellona, a livello di gruppo, ha ridotto il proprio monte ingaggi complessivo del 24% tra il 2021 e il 2022.


Ma allora come è possibile che il Barcellona operi come una big?

Anzitutto molto è veicolato dalla stampa e dai media, poiché di fatto il Barcellona tornerà ad operare sul mercato “a pieno regime” a partire da questa estate. Il valore reale delle cifre che compaiono con riferimento al calciomercato va visto in relativo e non in assoluto, dato che spesso le cifre dei pagamenti dei giocatori sono dilazionate e rateizzate – quindi, per fare un esempio, è presumibile che i 55 milioni spesi per Ferrán Torres non verranno versati in un’unica tranche, ma magari in 2/3 rate da 25/20 milioni ogni 6/12 mesi. Inoltre, nel 2021/2022 il Barcellona ha investito dei soldi unicamente per Torres, tutti gli altri acquisti sono stati effettuati o a titolo gratuito o temporaneo – su molti dei quali nemmeno è stato esercitato il riscatto, vedi Adama Traoré e Luuk de Jong –, e l’unico acquisto è stato comunque finanziato dalle cessioni estive e dai relativi risparmi sugli stipendi di Emerson Royal (25 milioni di euro), Junior Firpo (15 milioni), Antoine Griezmann (10 milioni per il prestito oneroso), Jean-Clair Todibo (8,5 milioni), Francisco Trincão (6 milioni per il prestito oneroso) e Carles Aleñá (5 milioni).

Lo stesso discorso vale per Raphinha o qualsiasi altro eventuale colpo in entrata di questa sessione di mercato, tamponato dal riscatto di Coutinho da parte dell’Aston Villa per 20 milioni – e forse dalla cessione di Frankie de Jong, uomo mercato principale del Barcellona –, e presumibilmente pagabile in più rate. I restanti acquisti – Kessiè e Christensen ad oggi – sono stati acquisiti a 0. Peraltro, non è neppure vero che il Barcellona spende e spande senza alcun tipo di conseguenza. Sia Ferrán Torres che i parametri zero di questa stagione hanno dovuto aspettare parecchio prima di essere tesserati, dato che il Barcellona stesso non può permettersi ingaggi troppo pesanti prima che escano dei giocatori – Coutinho guadagnava addirittura 10,5 milioni di euro l’anno.

Ciononostante, una apparente svolta c’è stata recentemente: il presidente Laporta ha annunciato il ritorno del Barcellona. Il catalano è riuscito a rinnovare la fiducia di oltre 40.000 investitori del club – il Barcellona è il club calcistico con l’azionariato popolare più numeroso al mondo –, che hanno approvato un impressionante finanziamento da Goldman Sachs pari a 2 miliardi di euro, suddivisi in circa 595 milioni per far fronte alla mancanza di liquidità – mercato, pagamento dei debiti, e così via – e 1,5 miliardi per la costruzione del nuovo impianto. Inoltre, molti spiegano come dei numerosi debiti risultanti da bilancio, solo parte di questi sono di natura finanziaria e commerciale, riducendo il rischio della parte restante.

Il Barcellona è sicuramente in una situazione critica che agli occhi dei più pare insostenibile, ma il mercato non sembra reagire a questi impulsi. Una delle più celebri banche di investimento al mondo potrebbe permettersi di concedere finanziamenti così ingenti rischiando perdite considerevoli e danni di immagine ancora più grandi, se non avesse adeguate garanzie? Probabilmente no, ma la situazione è comunque preoccupante e da tenere sott’occhio. Per citare un solo aspetto che desta attenzione, il Barcellona sembra incappare in una sorta di spirale del debito, ossia una situazione in cui si pagano i precedenti debiti tramite nuovi indebitamenti, e non tramite nuova liquidità generata da investimenti o maggiori ricavi – una situazione che storicamente non ha mai funzionato. Per il momento, anche se con diversi ostacoli, continua a poter operare in maniera importante sul mercato, ma il futuro potrebbe rivelarsi ostile.

Leggi anche: Come funziona il Fair Play Finanziario?