David Silva

Il genio di David Silva

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«Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione», quest’iconica frase del Necchi in ‘Amici Miei‘, introduttiva ad una scena comica, riesce involontariamente a descrivere in maniera perfetta quello che è stato calcisticamente David Silva, nonostante lo spagnolo nascerà oltre un decennio dopo l’uscita del film.



Il piccolo David nasce infatti l’8 gennaio 1986 ad Arguineguín, nell’isola di Gran Canaria. Il padre, Fernando Jiménez, ex poliziotto ed ex calciatore, si innamora di una turista giapponese, e dalla relazione tra i due nascono tre bambini, una femmina e due maschi, tutti interessati al calcio, che praticano in particolare per strada, vista la mancanza di infrastrutture pubbliche nel territorio.

Il più piccolo dei tre è il più talentuoso, David pensa solo al calcio, con buona pace di nonna Antonia che, per far sì che non prenda a calci i frutti tropicali per casa, gli crea delle palle di stracci. Vedendo David continuare a giocare nonostante un braccio rotto a causa di una pallonata, la mamma, che aveva fino a quel momento imposto al figlio l’istruzione prima di tutto, si rassegna e intuisce che il piccolo ha il calcio nel suo destino.

L’isola in cui vive David è però lontana anni luce dalla madrepatria Spagna, anche da un punto di vista sportivo. Il piccolo all’età di 8 anni convince i genitori a farlo giocare con il San Fernando, squadra di Maspalomas, situata a circa 25 chilometri di distanza. David viene inizialmente schierato in porta, una follia, considerando la sua volontà e la capacità di giocare nella metà campo avversaria, che verrà poi immediatamente accontentata appena intraviste le sue doti.

A 14 anni si fa notare in un’amichevole tra una selezione delle Canarie e il Valencia che, fatto a pezzi da David, decide di puntare su di lui. Il ragazzo avrebbe preferito il Real Madrid, che però lo scarta perché troppo gracile fisicamente. Valencia è una realtà ben diversa da quella a cui lui è abituato e, nonostante le iniziali difficoltà, David riesce a mettersi in mostra grazie ad un talento sopra la media che compensa anche il suo fisico non statuario.

La prima stagione tra i professionisti la gioca all’Eibar, in Segunda División, dove viene mandato in prestito per la stagione 2004/2005. La squadra raggiunge la quarta posizione, a soli 3 punti dall’approdo in Liga. Durante la giornata 35 del campionato, con l’Eibar in piena lotta per la promozione, gli Armeros sono ospitati dal Lleida. Siamo oltre il novantesimo, risultato fermo sull’1-1, David Silva ha l’opportunità di segnare il gol dell’1-2, si trova solo il portiere tra lui e il gol, ma vede un avversario a terra e rinuncia ad attaccare mettendo la palla in fallo laterale.

«Ho avuto quell’occasione perché il difensore non era nella sua posizione, quindi credo di aver fatto la cosa giusta, il pubblico capirà»

Chiude la stagione con 35 partite e 5 gol. Nello stesso anno, benché sia una delle stelle della Nazionale Under-19 che ha conquistato l’Europeo di categoria del 2004, viene convocato per la prima volta in Under-21.

Per la stagione successiva gioca, ancora in prestito, al Celta Vigo, questa volta in Liga. La squadra raggiunge un ottimo sesto posto – gran risultato per una neopromossa –, che gli permette di qualificarsi alla successiva Coppa UEFA, con Silva che gioca 34 partite segnando 4 gol. David conferma le attese: il baricentro basso e un’intelligenza tecnico-tattica fuori dal comune gli fanno conquistare la titolarità e a questo punto, a 20 anni, il Valencia se lo riporta a casa.



Valencia è la piazza giusta, una squadra che potenzialmente era in grado di mettere in difficoltà colossi come Real Madrid o Barcellona, ma anche di sprofondare in posizioni di classifica poco nobili. In un ambiente del genere David può crescere senza troppa pressione, senza paura di sbagliare, dando la disponibilità ai suoi piedi di compiere ciò che la mente suggerisce.

Il canario gioca praticamente ogni gara per le successive quattro stagioni, diventando un idolo da quelle parti. È – insieme a David Villa e Juan Mata – il trascinatore assoluto della squadra, che nel 2008 riesce anche a vincere la Copa del Rey, un trofeo che al Valencia mancava da quasi 10 anni.

Viene soprannominato Merlino, come il mago del ciclo bretone arturiano, viste le magie che è capace di compiere con il suo mancino. Oltre agli assist geniali sono importantissimi anche i gol di Silva, mai banali, e sempre dedicati alla cuginetta, morta improvvisamente di cancro a 5 anni, con un bacio al polso.

Nell’inverno del 2006 arriva anche la chiamata della Nazionale maggiore, che da quel momento in poi non potrà più fare a meno di lui. Partecipa all’Europeo del 2008 svoltosi in Austria e Svizzera, gioca da titolare, e segna anche un gol in semifinale contro la Russia. La preziosa qualità di Silva, unita a quella di giocatori del calibro di Xavi, Iniesta e Fàbregas, crea una poesia calcistica che porta la Spagna ad un successo che mancava dal 1964, e che dà l’inizio ad uno dei cicli più vincenti di sempre.

David prenderà parte anche alla spedizione in Sudafrica delle Furie Rosse per i Mondiali del 2010, ma Luis Aragonés lascerà la panchina a Vicente del Bosque, e il canario troverà poco spazio: gioca da titolare all’esordio nella sconfitta per 1-0 contro la Svizzera, e poi non vede più il campo, se non negli ultimissimi minuti della semifinale contro la Germania. Nonostante ciò la Spagna si laurea Campione del Mondo per la prima volta nella storia e Silva mette a referto il trofeo per eccellenza.



Nel giugno del 2010 arriva la chiamata del Manchester City, che lo acquista per 33 milioni di euro. Il trasferimento a Manchester rappresenta una vera e propria svolta calcistica e di vita per David. L’ormai ex Valencia prende in mano le redini del centrocampo e diventa il collante fondamentale nell’ascesa di una delle società maggiormente protagoniste nell’ultimo decennio. Stavolta però le condizioni sono cambiate: se a Valencia David Silva era soggetto ad una pressione relativamente bassa, a Manchester deve portare sulle spalle una responsabilità non indifferente, viste le ambizioni della società. Questo cambiamento è ben affrontato anche grazie ai vari maestri che si sono susseguiti negli anni sulla panchina dei citizens: Mancini lo ha posto al centro del progetto, Pellegrini lo ha liberato da compiti tattici ed infine Guardiola ha la straordinaria intuizione di schierarlo mezzala, mettendo in evidenza la sua eccelsa lettura di gioco.

Nel frattempo praticamente la metà dei campi di calcio delle Canarie sono stati finanziati dallo stesso David e gestiti dal padre, diventato assessore allo sport. Ne ha fatta di strada il ragazzino che prendeva a calci la frutta in casa, ma probabilmente non sarebbe arrivato così lontano senza il supporto della famiglia: la sorella maggiore Natalia, nei periodi più difficili, si trasferisce a casa del fratello per fare da supporto morale, e la casa di nonna Antonia è sempre pronta ad accoglierlo quando lui torna sull’isola.

Nella sua prima stagione al City gioca principalmente come ala sinistra, ma nel corso dell’annata, a dimostrazione della sua impressionante versatilità e capacità di adattamento, occupa praticamente ogni posizione dal centrocampo in su, e il suo impatto con la squadra è assolutamente positivo: è fin da subito uno dei migliori e riesce a mettere in mostra tutta la sua qualità nonostante il passaggio dal calcio spagnolo a quello inglese.

Il primo anno in Inghilterra si chiude con 6 gol e 14 assist in oltre 50 presenze, adornati dalla vittoria della FA Cup, il primo trofeo dell’era Mansur. David Silva e compagni sono stati in grado di riportare un trofeo nella sponda blue di Manchester, non succedeva dal 1969, oltre 40 anni.




Nella stagione successiva, dopo la vittoria del primo trofeo, il City si rinforza ulteriormente, con il chiaro obiettivo di conquistare la Premier League. In ottobre affronta lo United ad Old Trafford, uno stadio davvero poco ospitale per i citizens, basti pensare che nei precedenti 27 Derby – dal 1976 al 2011 – giocati in casa dai Red Devils, solo una volta erano riusciti a vincere.

Come racconta anche il filmJimmy Grimble‘, essere un tifoso del City, in quel di Manchester, non era per niente semplice: per anni, mentre i cugini festeggiavano le vittorie di campionati e coppe, al City rimaneva solo il Derby per portare un briciolo di soddisfazione in mezzo al grigiume dell’ennesima stagione deludente, ma spesso si finiva per raschiare il fondo.

Quel giorno, al Theatre of Dreams, a sognare non sono i rossi. Il Manchester City infligge agli avversari quella che probabilmente è la più grande umiliazione in un Derby di Manchester, con un 6-1 che spazza via tutta la sofferenza che gli sky blues provavano da decenni.

Nella gara del ‘Why always me?‘ di Mario Balotelli, David Silva è senza dubbi il migliore dei suoi: disegna geometrie per tutto il campo, detta i tempi di gioco, manda a spasso gli avversari, segna un gol e serve un assist poetico per Džeko, ma è praticamente dentro ogni rete dei citizens.

Il Manchester United non è solo la più grande rivale, ma è anche la principale concorrente per il titolo, e dopo quella vittoria il City si trova al primo posto in solitaria.

Salvo qualche piccolo intoppo, l’annata prosegue bene, fino a quando non si spezza qualcosa sul finire del campionato: in cinque gare – dalla giornata 28 alla 32 – arrivano due sconfitte e due pareggi, con lo United che prima accorcia le distanza, poi sorpassa e infine allunga. A sei giornate dalla fine i Red Devils sono a +8, e il sogno, accarezzato per lungo tempo, sembra svanire sul più bello.

Ma il City non molla e vince le successive tre, e lo United ne risente: perde prima contro il Wigan e si fa poi rimontare clamorosamente nel 4-4 finale contro l’Everton. Alla vigilia del Derby di ritorno il City è a -3, e può tornare in testa.

La città si ferma per 90 minuti, perché questa può essere una delle partite più importanti nella storia della Premier League, può essere la partita decisiva per il titolo, può essere la partita che segna il ritorno in vetta del City, può essere il riscatto di anni e anni di sofferenze per gli sky blues. Può esserlo, e lo è, perché sugli sviluppi di un calcio d’angolo un’incornata di Vincent Kompany gonfia la rete, per quello che si rivelerà essere il gol decisivo della gara. Il pallone perfetto sul testone del belga, neanche a dirlo, lo ha messo Silva.

Si arriva all’ultima giornata con le squadre ancora a pari punti, lo United segna nei primi minuti quello che sarà l’unico gol della gara, che gli permetterà di vincere la partita. Il City affronta il QPR, e, nonostante l’uomo in più per l’espulsione di Joey Barton, si ritrova sotto di un gol quando ci sono solo i minuti di recupero a separarli dal triplice fischio.

Al 92′ c’è un corner per i padroni di casa, dalla bandierina va ovviamente Silva, e questa volta mette da parte da tecnica – si fa per dire – per dare spazio al cuore: calcia senza nemmeno guardare, il pallone arriva sulla testa di Edin Džeko e finisce alle spalle del portiere, 2-2. Seguono 120 secondi di follia, che si chiudono con il gol del Kun Agüero, che fa entrare tutti nella storia della Premier League e riporta il City in cima all’Inghilterra dopo 44 anni.




Nelle stagioni successive il City si conferma una grande d’Inghilterra, nonostante qualche difficoltà che portano anche all’esonero di Roberto Mancini e l’arrivo di Pellegrini. Sotto la guida dell’argentino i citizens vincono di nuovo la Premier League e la Coppa di Lega, e Silva, nonostante qualche problema fisico di troppo, continua ad avere medie impressionanti tra gol e assist, diventando sempre più un elemento primario della rosa.

Nel 2012 arriva anche il riscatto personale in Nazionale: se per i Mondiali era stato infatti solo una riserva, ad Euro 2012 David Silva gioca tutte le partite, contribuendo all’ennesimo successo della Nazionale spagnola con tre assist e due gol – complessivamente più di ogni altro calciatore –, tra cui quello in apertura in finale contro l’Italia, nella sonora sconfitta per 4-0.

Intanto a Manchester l’amore tra il City e Pellegrini si spegne, e i risultati non arrivano più. Il club capisce che è il momento di cambiare, e per diventare grande anche a livello europeo si affida a Pep Guardiola, uno dei più vincenti e stimati allenatori al mondo.

Il catalano sposta Silva verso il centro e qualche metro indietro, una scelta che negli anni si rivelerà fondamentale, perché l’età stava togliendo a David quella freschezza atletica che lo aveva caratterizzato, e adesso poteva correre di meno ma riuscire ad essere comunque incisivo con movimenti, passaggi, e giocate. Trovare Guardiola è stata una manna dal cielo, non a caso i due hanno una visione del calcio molto simile, diversa dagli altri.

Dopo una prima stagione deludente dal punto di vista dei risultati – principalmente perché non tutti i giocatori sono stati capaci di adattarsi al gioco di Guardiola –, il City è pronto a dare battaglia per tornare a vincere la Premier League.

La squadra di Manchester ha oliato gli ingranaggi e le idee del mister sono perfettamente entrate nei meccanismi dei giocatori: non c’è niente da fare per nessuno. Campioni d’Inghilterra con 100 punti, record pauroso e ancora imbattuto in Premier League.

La stagione è stata molto complicata per Silva, poiché un brutto evento ha sconvolto la sua vita a fine 2017: suo figlio Mateo viene ricoverato per 5 mesi a Madrid a causa di complicazioni sorte per una nascita prematura, e David è costretto a continui voli tra Spagna ed Inghilterra. Nonostante questo, però, dopo un breve periodo iniziale in cui salta qualche gara, il suo contributo alla squadra è costante ed estremamente qualitativo: gioca 40 gare mettendo a referto 10 gol e 14 assist per i compagni, dimostrandosi un grande professionista oltre che un immenso atleta.

Fortunatamente tutto si risolve per il meglio e David festeggia scendendo in campo, al debutto nella nuova stagione, insieme a suo figlio, segnando anche una straordinaria punizione.

Per il campionato è una corsa a due tra City e Liverpool, con i Reds che rimangono in testa per gran parte del girone di ritorno, ma commettono un passo falso pareggiando per 0-0 nel Derby contro l’Everton a 10 giornate dalla fine. Errore imperdonabile, perché il City è una macchina inarrestabile e le vince tutte, conquistando la Premier League per la seconda volta di fila.

A questo titolo si aggiungono l’FA Cup – con Silva che apre le marcature in finale –, la Coppa di Lega e il Community Shield. Il Manchester City diventa la prima squadra che riesce a conquistare tutti e quattro i trofei in una singola stagione.

David Silva dà il suo solito immenso contributo giocando 50 gare da epicentro del gioco, segnando 10 gol e fornendo 14 assist.




La stagione 2019/2020 è l’ultima per Silva con il Manchester City, come annuncia da inizio stagione. Dopo l’addio di Kompany la squadra ha bisogno di un nuovo capitano, e Guardiola lascia la scelta ai giocatori, che eleggono David Silva, un atto che sancisce definitivamente l’importanza di questo giocatore per il club e per la squadra.

L’annata non è delle più entusiasmanti, e il minutaggio non è quello delle stagioni precedenti, ma Silva riesce comunque a segnare 6 gol fornire 11 assist per i compagni. Per l’undicesima stagione consecutiva ha raggiunto quota 10 assist, è dalla stagione 2009/2010, quando ancora indossava la maglia del Valencia, che non va sotto questa cifra.

Lascia il City dopo aver scritto paginate intere di storia di questa squadra, lo lascia da giocatore con più presenze negli ultimi 35 anni – 436 gare con gli stessi colori –, da capitano e da leggenda. Lascia, purtroppo, senza esser riuscito a conquistare la Champions League, e soprattutto senza aver potuto avere un addio con l’intero stadio a salutarlo, a causa dell’emergenza sanitaria che ha colpito il mondo e di conseguenza anche il calcio.

A 34 anni David poteva ancora scegliere di giocare in un club che disputa la Champions League, erano stati forti i contatti soprattutto con la Lazio, ma alla fine ha scelto di indossare la numero 21 della Real Sociedad, soprattutto per motivi familiari.

Nella sua straordinaria carriera David Silva è riuscito a riempire il suo palmarès con innumerevoli trofei, sia con i club che con la Nazionale, ha segnato tantissimi gol e ancor più volte ha mandato i suoi compagni in porta con i suoi assist al bacio, ma questo non basta per rendere l’idea di quanto sia stato e sia ancora fenomenale, un calciatore che probabilmente non sarà ricordato con la stessa fama dei vari Pirlo, Xavi o Iniesta, ma che con loro condivide il genio, e come loro illumina di luce pura i campi di calcio.

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