L’Inter si è laureata campione d’Italia per la ventesima volta nella sua storia, riuscendo ad ottenere la seconda stella inseguita dalla stagione 2020/2021, quando i nerazzurri, con Antonio Conte al comando, vinsero lo scudetto mettendo fine alla serie di nove campionati vinti dalla Juventus. Molti meriti di questo traguardo sono da riconoscere a Simone Inzaghi, cresciuto molto nelle tre stagioni all’Inter condite da molte soddisfazioni ma anche qualche dispiacere.
L’approdo in nerazzurro
Dopo il divorzio tra Antonio Conte ed i nerazzurri, avvenuto il 26 maggio 2021, nell’ambiente Inter trapelano tre possibili candidati per la panchina: Massimiliano Allegri, che tornerà poi alla Juventus; Sérgio Conceição, che rimarrà al Porto; e quello di Simone Inzaghi, che voci interne all’ambiente Lazio davano già per rinnovato dopo gli ultimi vertici tra l’allenatore piacentino e la società laziale. Dopo poche ore il verdetto cambia, Inzaghi firma per l’Inter e lascia la Lazio dopo più di vent’anni di militanza nel club come giocatore e allenatore.
Inzaghi viene chiamato a raccogliere un’eredità pesante come quella di Conte, spaventato dal ridimensionamento economico che avrebbe condizionato i mercati dell’Inter delle successive stagioni. In estate, infatti, alla già nota partenza di Hakimi, si aggiunsero altri addii importanti come quello di Christian Eriksen, dopo il malore che lo ha colpito durante EURO 2020, e quello di Romelu Lukaku, che ha gelato l’ambiente dopo che lo stesso Inzaghi aveva dichiarato che sarebbe stato parte centrale del progetto. Dal mercato arrivano dalle due sponde di Roma Edin Džeko e Joaquín Correa, fedelissimo di Inzaghi che, dopo una doppietta contro il Verona all’esordio, non ha inciso come si auspicava. I detrattori del tecnico piacentino ne hanno sempre rimproverato l’acquisto, avendo l’Inter una storia ben poco positiva con i fedelissimi degli allenatori.
L’avvio di stagione dell’Inter è stata sin da subito molto promettente, con prestazioni di buon livello: Džeko ha un’impatto straripante e mette a segno 7 gol nelle prime 9 giornate di campionato. L’ambiente sembra essere disteso e i calciatori vengono lasciati più liberi di inventare rispetto al calcio posizionale praticato da Conte. Non mancano però le prime critiche ad Inzaghi, soprattutto sulla gestione delle sostituzioni e l’incapacità di cambiare il piano tattico a gara in corso.
Alla sconfitta in casa della Lazio segue uno dei processi più feroci al quale viene sottoposto il mister nerazzurro, gli si contesta la scelta di mettere Roberto Gagliardini in marcatura su Sergej Milinković-Savić, che segnerà il gol del definitivo 3-1, e il nervosismo della squadra che esplode dopo il gol siglato da Felipe Anderson non curante di Dimarco fermo a terra a inizio azione, continuando anche dopo il triplice fischio dell’arbitro.
L’Inter in Champions League viene eliminata dal Liverpool, ma in campionato viaggia a un buon ritmo, presentandosi allo scontro diretto con il Milan a +4 sui cugini, e con una partita da recuperare. Il derby verrà risolto da una girata di Olivier Giroud, mentre il recupero a Bologna di metà aprile sarà la pietra tombale sul campionato dei nerazzurri, complice una papera di Ionuț Radu. I nerazzurri vedono concludersi una stagione con uno scudetto che prende la via di Milano sì, ma sponda rossonera; rimangono le vittorie della Coppa Italia e della Supercoppa italiana contro la Juventus, che permettono all’Inter di riportare in bacheca due trofei che mancavano da oltre un decennio. Inzaghi vede il suo contratto rinnovato fino al 2024 e conclude una stagione in cui le critiche sulla sua gestione non sono di certo mancante.
Dal fondo al sogno
L’estate interista si accende con il sogno della Joya Paulo Dybala, in uscita dalla Juventus a parametro zero. La società tuttavia virerà per il ritorno in prestito oneroso di Romelu Lukaku, dopo che il fallimento del suo ritorno al Chelsea.
La stagione parte con enormi difficoltà, l’Inter dopo le prime 8 giornate ha collezionato già 4 sconfitte, di cui due pesantissime contro Milan e Roma, dove ha trovato il gol proprio Paulo Dybala. Tornano le critiche per la gestione delle sostituzioni, in particolare per quelle dovute alle ammonizioni. Il caso esplode a Udine, quando il tecnico piacentino sostituisce Alessandro Bastoni e Henrikh Mkhitaryan, entrambi ammoniti, al 31′ del primo tempo.
Le voci su un possibile esonero si fanno sempre più chiassose e Inzaghi si difende in conferenza stampa: «Parla la mia storia: dove alleno io aumentano i ricavi, dimezzano le perdite e arrivano i trofei». La società, complice anche una proprietà non presentissima, non prende le difese del tecnico piacentino, preparandosi all’esonero e al passaggio della squadra nelle mani di Cristian Chivu, tecnico della Primavera. L’Inter, però, cambia marcia: Hakan Çalhanoğlu prende posto davanti alla difesa, visto l’infortunio di Marcelo Brozović; Matteo Darmian viene spostato nel ruolo di braccetto di destra, dato il tumultuoso caso legato al rinnovo di Milan Škriniar, che lo porterà poi ad essere allontanato dalla prima squadra; e la porta viene definitivamente affidata ad André Onana, arrivato a parametro zero in estate.
L’Inter riesce a imporsi in un girone di Champions complicato, facendo retrocedere il Barcellona in Europa League e qualificandosi come seconda alle spalle del Bayern Monaco. Con non poche difficoltà supera anche l’ottavo di finale contro il Porto e continua il percorso nelle coppe nazionali. Tra marzo ed aprile sembrava essersi toccato il fondo, l’Inter perde 4 partite e pareggia a Salerno. La squadra sembra essere andata in confusione, il nervosismo dei giocatori e la magra media realizzativa degli attaccanti condannano l’Inter ad una zona di classifica che a inizio anno nessuno immaginava avrebbe occupato. Dopo la sconfitta di Monza viene sondato il terreno per ingaggiare un traghettatore, tornano in auge le quote di Chivu e si fanno forti i nomi di Walter Zenga ed Esteban Cambiasso; tra molti tifosi la sentenza è già definitiva e si inizia a pensare all’allenatore con cui ripartire dalla prossima stagione.
Inzaghi però rimane saldo al timone come un vero condottiero, sbatte fuori la Juventus in semifinale di Coppa Italia e supera ai quarti il Benfica, raggiungendo le semifinali in cui l’Inter affronterà il Milan. I nerazzurri approcciano il derby con una ferocia impressionante, vanno in vantaggio al 7’ e raddoppiano all’11’, chiudendo la pratica al ritorno con una vittoria di misura per 1-0, con la rete di Lautaro Martínez, raggiungendo un’inattesa finale di Champions che mancava dalla storica notte di Madrid del 2010.
Per capire il momento dell’Inter è doveroso parlare di quella che è stata Inter-Atalanta, partita vinta 3-2 e che ha reso matematica la qualificazione in Champions League, non scontata considerando che i nerazzurri hanno totalizzato 12 sconfitte in campionato. Quella contro la Dea è stata infatti la partita manifesto della stagione 2022/2023. I nerazzurri, con un avvio strepitoso, riescono ad andare sul 2-0 nei primi tre minuti di gara. Dopo il 3-1 siglato da Lautaro, a San Siro si accendono le luci lungo tutta la sua cornice, lasciandosi andare a uno degli spettacoli più belli della storia recente dell’Inter. L’Atalanta accorcia le distanze nel recupero del secondo tempo, ma non basta a spezzare l’animo di un popolo che sogna.
Ad Istanbul l’Inter non riuscirà a completare l’impresa: di fronte si ritrova la strepitosa macchina del Manchester City di Pep Guardiola, che a sorpresa viene parecchio messa in difficoltà dalla squadra di Inzaghi, ma che alla fine riesce a conquistare la Champions League e completare uno storico Treble. Si conclude dunque con l’amaro in bocca una stagione che ha vissuto di momenti positivi e negativi, ma con altri due trofei nazionali in bacheca – Supercoppa contro il Milan e Coppa Italia contro la Fiorentina –, una finale di Champions raggiunta e l’obbiettivo minimo della qualificazione in Champions centrato, il matrimonio tra l’Inter e Inzaghi, nonostante le turbolenze avute durante l’annata, non può che proseguire. Le due parti si affacciano all’annata seguente con un obiettivo comune e dichiarato: la rincorsa alla seconda stella.
Il ventesimo scudetto
L’Inzaghi che si presenta ai blocchi di partenza è un allenatore che ha dimenticato la rigidità dei sui dogmi, dalle sostituzioni che gli sono valse molte critiche fino alla gestione della partita, e che appare anche più sicuro nella comunicazione.
La stagione dello scudetto è anche quella della definitiva esplosione del nuovo capitano dell’Inter Lautaro Martínez, agevolato dal suo nuovo partner offensivo Marcus Thuram, un altro di quei giocatori trasformati da Simone Inzaghi e che ha raggiunto i nerazzurri dopo i continui contatti dall’estate 2021. E quando parliamo di capolavori del tecnico piacentino non si può prescindere dal parlare anche di Henrikh Mkhitaryan. L’armeno, con l’arrivo di Davide Frattesi, secondo molti appassionati avrebbe trovato sempre meno spazio in questa Inter, e invece, proprio nella partita in cui i nerazzurri faranno la loro più grande dimostrazione di forza e di dominio, il derby d’andata, Mkhitaryan metterà a segno due gol e una prestazione da MPV. Nei giorni precedenti al derby si gridava a gran voce il nome di Frattesi per una maglia da titolare, Inzaghi invece insiste sull’armeno e dà la dimostrazione di avere enormi certezze per la stagione. Frattesi ha comunque il tempo di entrare a gara in corso con la solita “garra” che lo contraddistingue e mettere a segno il gol del definitivo 5-1.
Le scelte prese dal tecnico piacentino durante i gironi di Champions fanno capire subito quali siano le priorità: Asllani trova spazio dal primo minuto in tre gare, Sánchez e Arnautović fanno rifiatare spesso Thuram e Lautaro e c’è addirittura spazio per vedere Klassen e Cuadrado dal primo minuto. L’Inter si qualificherà seconda alle spalle della Real Sociedad, per poi uscire, con rimpianti all’andata e demeriti al ritorno, contro l’Atlético Madrid agli ottavi di finale. Non una cavalcata indimenticabile come quella dello scorso anno, ma i nerazzurri rimangono concentrati sul loro obiettivo principale: la seconda stella. Anche la Coppa Italia non sorride a Inzaghi, con i nerazzurri che usciranno agli ottavi contro lo straordinario Bologna di Thiago Motta.
Diverso è il discorso in Supercoppa, che per il terzo anno consecutivo viene aggiunta alla bacheca dei trofei dell’Inter. Anche con il nuovo format, Inzaghi si dimostra Re della competizione: elimina prima la sua ex Lazio e poi batte in finale il Napoli di Walter Mazzarri, diventando l’allenatore più vincente nella storia della competizione – 5 trionfi per il piacentino, staccati Capello e Lippi.
Grazie anche alla sua media punti straordinaria, l’Inter non ha avuto grandi antagoniste in campionato, eccetto per un periodo la Juventus di Max Allegri. Il livornese, nei giorni che precedono allo scontro diretto di febbraio, punzecchia spesso i nerazzurri, definendo la Juventus un outsider. Celebre rimarrà il suo paragone della sfida scudetto al match tra Djoković e Sinner, andato in scena agli Australin Open e che ha visto l’italiano compiere una vera e propria impresa riuscendo ad eliminare il più quotato serbo.
Allo scontro diretto la Juventus potrebbe arrivare avanti, un ulteriore peso che metterebbe a dura prova la maturità della squadra di Inzaghi, ma complice un rosso a Milik nei primi minuti – scelto dal tecnico bianconero al posto del titolare Dušan Vlahović – la Juve si ferma in casa contro l’Empoli e l’Inter effettua il sorpasso. I bianconeri si presentano a San Siro con il solo obiettivo di non uscire sconfitti, i nerazzurri però approcciano la partita nella maniera migliore che ci si potesse auspicare, anche un giocatore che cede facilmente ai nervosismi come Barella non si scompone. Nel primo tempo l’Inter passa in vantaggio, Barella trova con un pallone verticale Pavard, completamente solo, che si era sganciato per occupare l’area di rigore. Sul tracciante del sardo Pavard tenta di servire il connazionale Thuram con un’acrobazia, entrambi non arrivano sul pallone che viene spinto in porta da Federico Gatti, autore questa stagione di gol pesantissimi ma anche dell’autogol che ha messo fine ai discorsi scudetto. Sì, perché la Juventus cinica e ordinata che si era vista fino allo scontro diretto scompare nel nulla, dando il là a un girone di ritorno horror.
L’Inter continuerà a vincere, e chiuderà il proprio campionato con 94 punti, il quarto miglior punteggio di sempre in Serie A – dietro soltanto ai 95 della Juventus 2017/2018, i 97 dell’Inter 2006/2007 e gli storici 102 della Juventus 2013/2014. I margine di distanza dalla seconda classificata, il Milan, è di ben 19 punti, ed è proprio contro i cugini, ovvero nel modo migliore possibile, che i nerazzurri ottengono l’aritmetica certezza dello scudetto.
L’Inter batte infatti 2-1 i rossoneri, vincendo il sesto derby consecutivo – miglior striscia di sempre. Al triplice fischio Inzaghi, che fino a quel momento aveva vissuto la partita al suo solito, sgolandosi fino a perdere la voce e muovendosi nervosamente ben oltre il limite consentito dall’area tecnica, viene assalito dall’abbraccio dei suoi collaboratori, per poi raggiunge i suoi ragazzi sotto la Nord, dove parte il coro a lui dedicato da parte dei tifosi nerazzurri. Obiettivo raggiunto: Inzaghi cuce sul petto dei suoi giocatori la seconda stella.
Simone Inzaghi ha vinto uno scudetto pochi mesi dopo esser stato vicinissimo all’esonero. Ha studiato, ha lavorato, si è evoluto. Ha dimostrato il suo grande valore, e lo ha fatto smentendo chi lo ha sempre aspramente criticato. Nel post-partita, intervistato ai microfoni da DAZN, ha dichiarato con fierezza: «Non ho sassolini da togliermi. Chi ha sempre parlato, l’abbiam lasciato parlare. Adesso magari starà un po’ in silenzio. Ripeto, non ho sassolini da togliermi dalle scarpe, ma solo grandi trofei da far vedere».
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