John McGovern

John McGovern, la storia umana dietro la leggenda di Brian Clough

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Il Maledetto United è un romanzo elettrico di David Peace, dal linguaggio terreno e dall’immaginario epico. Nelle sue pagine le espressioni e gli atteggiamenti sanguigni della working class inglese si miscelano con la parabola di un istrionico eroe byroniano fissato con il calcio e del suo fido e pacato scudiero.

Più che Don Chisciotte e Sancho Panza, Sherlock Holmes e Watson con tratti di Ken Loach e punte di Eduardo Galeano. È la storia di Brian Clough, l’allenatore capace di trascinare il Derby County dalla terza serie al titolo, e del suo vice Peter Taylor, sino al suo arrivo al Leeds, la squadra più scorretta e vincente di quegli anni, gestita sino a poco prima dal suo grande rivale Don Revie.

Ne è stato tratto un bel film, con Charlie Sheen e Timothy Spall nei ruoli principali. La pellicola trasmette bene il genio, la spavalderia e il magnetismo del Clough tratteggiato nel libro, meno la cupezza del personaggio: alcolismo e desiderio di autodistruzione latenti, un’angosciante insicurezza lontano da giornali e telecamere. La vedova Clough ha dichiarato di non essere affatto concorde con l’immagine estremizzata di suo marito che emerge dal libro, avendola trovata eccessivamente negativa e complessata.

Ciò che non si trova nemmeno in quelle pagine livide ed eccitanti, trasudanti birra e lirismo, ossessioni e vittorie, è la gratificante parabola dell’ingranaggio che non smetteva di correre per rendere il tutto possibile.

Il ragazzo rimasto orfano a 11 anni, capitano di Rugby e Cricket nella sua scuola, ma che scelse il calcio perché ne era innamorato; colui che senza Brian Clough e Peter Taylor non sarebbe andato da nessuna da parte, ma che li ha ripagati portandoli ovunque volessero. Ovunque sognassero. Tutti e tre assieme.

Il ragazzo che da uomo sollevò due Coppe Campioni da capitano, John McGovern.


Nati dal fango della terra

L’incontro tra la futura strana coppia che segnerà il calcio inglese e il loro pupillo e feticcio è la più fortunata delle coincidenze. John viene da Montrose nel nord della Scozia e ha 15 anni quando, nel 1964, si sposta ad Hartlepool, in Inghilterra, appena al di sotto del confine, quarta serie, per cominciare a lavorare e inseguire il sogno di diventare un calciatore.

L’anno dopo vi arrivano Clough e Taylor. Il primo ha 30 anni esatti ed è l’allenatore più giovane di tutte le leghe professionistiche sopra la Manica. È alla sua prima esperienza, si è ritirato dal calcio giocato l’anno precedente, senza mai esordire in massima divisione, nonostante 197 reti in 213 presenze col Middlesbrough e altre 54 in 61 apparizioni col Sunderland – tra coloro che vantano almeno 200 gol nelle leghe professionistiche di Sua Maestà, è tutt’ora quello con la media realizzativa più alta (0,961 a partita). Tre anni prima, il 26 dicembre 1962, con già 24 siglature stagionali in saccoccia e la squadra lanciata verso la promozione, si vide infrangere i legamenti di un ginocchio e tutti i sogni in un contrasto con un portiere, sotto una pioggia torrenziale e una luna gelida e fangosa.

L’Hartlepool nelle ultime 5 stagioni in quarta divisione è finito per 2 volte ultimo. Mancano i soldi. Clough e Taylor devono girare di pub in pub per racimolarli, supplicando collette. Clough deve prendere la licenza d’autista per scarrozzare la squadra in trasferta, non ci si può permettere uno che lo faccia per professione.

Serve qualcosa o qualcuno a cui appigliarsi per cominciare a far quadrare un circolo vizioso di caos, malversazione e decadimento. La soluzione è John McGovern.

Il ragazzino vorrebbe giocare centravanti o ala perché è il ruolo in cui si segna, quello che vale la gloria. Lo spostano al centro del centrocampo. Di grande non ha né i piedi né la corsa, ma ha intelligenza e cuore. Non si ferma mai, fa sempre il passaggio giusto, sa innatamente dove andrà a finire il pallone o dove deve mettersi per recuperarlo senza sforzo. L’unica cosa che gli mancava era una guida abbastanza sveglia da capire che da punta non avrebbe mai sfondato e talmente geniale da impostarlo come mezz’ala a tutto campo. Nel livello rasente il dilettantistico dei Pools, può tranquillamente assurgere a regista puro.

Hartlepool prima conclude ottavo, poi raggiunge la promozione in terza categoria per la prima volta nella sua storia.

Dopo 9 partite, la coppia va al Derby County in Second Division, dove i Rams stazionano a fatica da un decennio. Alla prima annata arrivano una posizione più in basso di quella dell’anno precedente. Per la nuova stagione pretendono l’acquisto di John McGovern.


L’Ariete Saggio

Praticamente in concomitanza con lui, approda al Baseball Ground Dave Mackay, storica, raffinata e attempata ala del Tottenham che Clough & Taylor vedono come loro regista ideale. Osservando dalla tribuna come questi tocca il pallone e dirige in un replay di FA Cup contro il Chelsea, lo scozzese, allora appena 18enne, capisce come il suo livello di gioco attuale sia ben distante dal minimo necessario per essere un vero calciatore professionista, e comincia ad applicarsi con ulteriore dedizione in allenamento e a lavorare duro. È Taylor che lo sposta definitivamente come centrocampista centrale a lato del regista, per massimizzarne la visione di gioco, la capacità di passarla con ambedue i piedi, la perizia e l’audacia nei contrasti.

Contemporaneamente mezz’ala e mediano di rottura, nonostante le lacune nel ritmo, recupera e redistribuisce con intelligenza decine di palloni. È il pedone che attraversando con magnanimi sforzi tutta la scacchiera può trasformarsi in quello che vuole, ovvero ciò che serve a Clough per ribaltare i match e gli schemi avversari.

John McGovern

Aveva un gioco pulito, ma nessuna paura del lavoro sporco

Da scudiero in mediana di Mackay, conquista la promozione col primo posto e al primo tentativo.

Nel 1971/1972, alla penultima giornata, segna da capitano contro il Liverpool quello che si rivelerà il gol “scudetto” per i Rams, che l’anno successivo in Coppa Campioni approdano sino a delle tiratissime semifinali con la Juventus, con Clough che in conferenza stampa arriverà a oltraggiare i soldati italiani battutisi contro Albione in Africa durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nell’ottobre del ’73 volano per l’ultima volta gli stracci tra Clough e la dirigenza del Derby County, capeggiata dal presidente Sam Longson, che più volte è arrivato al litigio con l’irrequieto e ingestibile mister per questione economiche e attitudinali. Viene rifiutato un ultimatum per un aumento contrattuale, e accolte le lettere di dimissioni, viene chiamato in panchina Mackay. I giocatori, McGovern in primis, si schierano tutti con Clough, chiedendo a gran voce il suo reintegro, ma la dirigenza tiene botta.

Poco dopo, l’incredibile svolta: Mackay riunisce la squadra, una penna in una mano e un foglio nell’altra, ben in alto: «Lo firmi chi è disposto a giocare per me e per il Derby County!». Il primo ad allontanarsi dal gruppo e a impugnare la penna è proprio John McGovern. Si spiega così: «Voglio solo giocare a calcio. Non sono interessato alla politica».

Ancora da capitano, senza Clough & Taylor, arriva terzo.


Scendere con il Maledetto, risalire l’impossibile e oltre

Alla fine dell’anno Mackay comincia a preferirgli il più offensivo Bruce Rioch, e Clough vorrebbe portarlo in terza serie al Brighton, dove si è temporaneamente ancorato esclusivamente per soldi. McGovern non se la sente di ricominciare tutto da capo, nemmeno di fronte a un ingaggio ricchissimo.

Ad agosto del ’74 cominciano i fatidici 44 giorni di Clough al Maledetto Leeds United. Questa volta McGovern risponde alla chiamata del “suo” allenatore. È la tragedia sportiva su cui ruotano libro e film.

Accatasta appena 4 presenze, quanto quelle da subentrante delle sue 221 partite col Derby, tutte nel sopramenzionato periodo. Passa 7 mesi nelle riserve.

Il 6 gennaio del ’75 Clough si siede sulla panchina del Nottingham Forest in Second Division, a febbraio McGovern lo raggiunge, prima di Taylor. Ha 25 anni, praticamente ha già scalato il mondo intero partendo dal nulla e si appresta a rifarlo, per toccare vette inesplorate, per elevarsi persino sopra il cielo.

Dopo un sedicesimo e un ottavo posto, arriva la promozione, l’anno dopo vincono il campionato, quindi due Coppe dei Campioni consecutive, la prima in finale contro gli svedesi del Malmö, la seconda contro i tedeschi dell’Amburgo.

John McGovern è il capitano e il perno del centrocampo di quell’irripetibile undici. Con i Forest gioca 344 partite, di cui 329 da titolare.

Se ne va dal club al termine della stagione 1981/1982, dopo la seconda, e ultima, frattura tra Clough e Taylor, che, con gran dispiacere del primo, non verrà mai ricomposta. Taylor infatti morirà subitaneamente di fibrosi polmonare durante una vacanza, senza che si fossero mai riappacificati, e il suo grande e intrattabile amico gli dedicherà la propria autobiografia e tutti i riconoscimenti ricevuti da quel momento in avanti.


Il mancato protagonista che non lo era

Lui invece lascia Clough in buoni rapporti, e va a chiudere come allenatore-giocatore ai Bolton Wanderers, due anni e mezzo con una retrocessione. Una chiusura indegna di una carriera che l’ha visto protagonista di alcune delle più epiche cavalcate della storia del calcio, senza che però lo sembrasse mai.

Fu perennemente sottovalutato da tutti, tranne che dai due titani della working class che lo manipolarono come gli artisti con la creta, e a loro immagine e somiglianza lo formarono come un eroe dalle sembianze umane, estremamente comuni, e dalle capacità sconfinate. Un David gracilino, tutto spirito e volontà.

Il segno di quanto sia stato sottovalutato lo dà la Scozia: non è mai stato convocato nella Tartan Army. Erano gli anni migliori della storia dei Caledoni, capaci di qualificarsi per due volte consecutive al Mondiale mentre i Three Lions li guardavano da casa (1974 e 1978). Sembra comunque incredibile che non si sia riuscito a trovare uno spazietto per lui.

Era il capitano del capitano della Scozia, il talentuoso Archie Gemmill, uno talmente patriottico da chiamare il figlio Scot, e da guidare di persona dalle Midlands a Glasgow apposta per farlo nascere sul suolo delle Highlands.

Fu il suo capitano per tutti i loro 9 anni in comune al Derby e al Notts, eppure non riuscì mai a raccomandarlo al suo manager Ally McLeod.

A proposito di ciò, John McGovern ha detto: «Mi sarei fatto a piedi tutta l’autostrada M74 – la principale del nord del Regno Unito – su dei vetri rotti per fare una sola presenza con la Scozia. Vorrei solo aver fatto almeno una presenza perché sarebbe stato il momento più bello della mia vita».

La sensazione è che non sia mai stato ritenuto separabile da Brian Clough e Peter Taylor. Giustissimo. Perché Peter Taylor e Brian Clough, senza John McGovern, forse non sarebbero andati da nessuna parte. Tutti e tre assieme, sono andati ovunque sognassero.

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