Juve Milan Champions

Juventus-Milan 2003, dolore e gloria

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L’edizione della Champions League 2002/2003 rappresenta il momento più alto del movimento calcistico italiano degli anni Duemila e non solo. Mai prima di allora tre squadre nostrane raggiunsero le semifinali di Champions, e soprattutto, per la prima volta in assoluto, vi fu una finale interamente italiana, disputatasi allo stadio Old Trafford di Manchester fra Milan e Juventus, il 28 maggio 2003.



All’inizio della stagione sembrava assai improbabile che si potesse arrivare ad un epilogo simile, soprattutto considerando che il Milan fu ad un passo dal non parteciparci alla Champions, riuscì infatti a qualificarsi solo dopo aver passato il preliminare contro i cechi dello Slovan Liberec, e ci riuscì solo grazie alla regola del gol in trasferta – 1-0 a San Siro, sconfitta 2-1 a Liberec –, ma fu un momento fondamentale per i rossoneri, dato che con gli introiti della qualificazione la squadra meneghina poté acquistare Alessandro Nesta dalla Lazio.

Il cammino in Champions delle due squadre all’inizio della competizione fu piuttosto agevole: entrambe superarono il primo turno della fase a gruppi vincendolo – il Milan affrontò Deportivo La Coruña, Lens e Bayern Monaco, mentre la Juve si trovò di fronte Newcastle, Dinamo Kiev e Feyenoord. I rossoneri si aggiudicarono anche la seconda fase a gruppi – all’epoca gli ottavi di finale non erano ancora stati introdotti – in un girone decisamente più ostico contro Real Madrid, Galatasaray e Borussia Dortmund. Discorso diverso invece per la Juventus che passò il girone grazie alla vittoria al Riazor di La Coruña alla penultima giornata, finendo dietro al Manchester United.

Si arriva così alla prima fase a eliminazione diretta, i quarti di finale. Il Milan fu accoppiato con l’Ajax, che poteva schierare una rosa zeppa di giovani talenti come Rafael van der Vaart, Wesley Sneijder e soprattutto Zlatan Ibrahimović. L’andata all’Amsterdam Arena finì 0-0, rendendo decisivo lo scontro a San Siro che si concluderà 3-2 in maniera rocambolesca per i rossoneri con il gol di Tomasson, che ribatterà sulla linea il pallonetto di Inzaghi, a cui seguirono brevi attimi di tensione causati dalla eventualità che il danese potesse trovarsi in fuorigioco. La Juventus trovò invece il Barcellona in una stagione che si rivelò complicata per i catalani, che videro avvicendarsi tre allenatori – Louis van Gaal, Antonio de la Cruz e Radomir Antić – ma non per questo i blaugrana erano un avversario da sottovalutare. L’andata a Torino terminò 1-1, e fu lo stesso risultato dei tempi regolamentari al Camp Nou. L’uomo della provvidenza bianconera sarà Marcelo Zalayeta che, servito da Alessandro Birindelli, ribatterà in rete il gol del definitivo 1-2.

Il Barcellona non fu l’unica spagnola nel cammino della Juventus, infatti i bianconeri eliminarono i campioni in carica del Real Madrid rimontando con uno splendido 3-1 al Delle Alpi la sconfitta per 2-1 al Santiago Bernabéu, in una delle prestazioni migliori della storia del club, che ebbe però un finale amaro: a 8 minuti dal 90′ Pavel Nedvěd, probabilmente il miglior giocatore al mondo in quel momento, venne ammonito ed essendo diffidato fu costretto a saltare la finalissima.

Il Milan invece si trovò di fronte i cugini dell’Inter, in quelli che verranno ricordati come i derby più agonici nella storia della stracittadina milanese, passando il turno con un 1-1 in trasferta dopo lo 0-0 dell’andata. Nonostante il gol del solito Andrij Shevchenko, l’eroe rossonero fu Cristian Abbiati, che deviò in calcio d’angolo la conclusione a tu per tu di Kallon, blindando il risultato e l’accesso alla finale.



In quella notte di fine maggio si aveva la netta percezione che si stesse per scrivere con il pennarello indelebile una pagina di storia del calcio italiano, a prescindere da come sarebbe stata la gara e da quale sarebbe stato il risultato finale. Tutta l’Italia guarda solo a quella partita, e a testimonianza di questa cosa è il record di ascolti registrato quella sera dalle reti Mediaset, oltre 20 milioni di italiani davanti alla televisione che ancora oggi rendono questa gara la più vista nella storia del calcio italiano, Nazionale esclusa.

La Juventus scese in campo in campo in maglia bianconera schierandosi con un 4-4-2: Gianluigi Buffon in porta; Lilian Thuram, Ciro Ferrara, Igor Tudor e Paolo Montero a comporre il reparto difensivo; a centrocampo Camoranesi a sostituire l’assente Nedvěd, con Alessio Tacchinardi, Edgar Davids e Gianluca Zambrotta a completare il reparto; in attacco capitan Alessandro Del Piero e David Trezeguet; guidati da Marcello Lippi.

Il Milan rispose, indossando la consueta tenuta bianca delle finali europee, con Dida tra i pali; difesa composta da Costacurta, Alessandro Nesta, capitan Maldini e Kakha Kaladze; centrocampo con Clarence Seedorf, Andrea Pirlo e Gennaro Gattuso; sulla trequarti Rui Costa; Andrij Shevchenko e Pippo Inzaghi a formare la coppia d’attacco; con Carlo Ancelotti, ex allenatore proprio della Juventus, in panchina.

Con una tensione palpabile negli occhi dei giocatori, la gara inizia, e l’avvio di partita vede il Milan prevalere, tanto che all’ottavo minuto Inzaghi serve Shevchenko al centro dell’area e l’ucraino di sinistro supera Buffon. La gioia della rete sarà però effimera, dato che il gol verrà annullato per la posizione di fuorigioco di Rui Costa, che trovandosi davanti a Buffon gli impedì di avere una chiara visuale dell’azione. La Juve tenterà una timida risposta il minuto immediatamente successivo con Trezeguet che di testa manderà la sfera parecchio a lato servito da uno splendido cross di Thuram, ma è il Milan che continua ad avere le occasioni migliori: al sedicesimo minuto un cross di Seedorf teso in mezzo all’area viene intercettato dalla testa di Inzaghi, che lo gira verso la porta a botta sicura ma troverà la prodigiosa risposta di Buffon, che riesce a deviare la sfera in angolo, in quella che verrà considerata come una delle migliori parate nella carriera del portiere carrarino.

La partita prenderà una piega molto più tattica mano a mano che si andrà avanti con i minuti. L’ultima vera grande occasione della partita sarà il colpo di testa del subentrato Antonio Conte, che al primo minuto del secondo tempo scheggerà la traversa milanista con un colpo di testa. Con il passare dei minuti l’andamento dell’incontro vedrà una Juventus più propositiva, ma la squadra bianconera non riuscirà a trarne vantaggio, e dopo 90 minuti di gioco il risultato è ancora inchiodato sullo 0-0, con l’arbitro che sancisce la fine dei tempi regolamentari. Durante i supplementari, l’infortunio occorso a Roque Júnior a sostituzioni terminate costringerà Ancelotti ad arretrare Ambrosini alla posizione di terzino, giocando praticamente quasi tutti i 30 minuti aggiuntivi con un uomo in meno, ma il match non si sbloccò dallo 0-0 iniziale, protraendosi così ai calci di rigore.



La lotteria dei tiri dal dischetto ebbe inizio con uno degli uomini simbolo della Juventus, David Trezeguet, che si vide respingere la sua conclusione da Dida, dando così al Milan l’occasione di andare immediatamente in vantaggio. Occasione sfruttata al meglio da Serginho, che spiazzò Buffon con un sinistro deciso. L’equilibrio venne immediatamente ristabilito con i due rigori successivi: Birindelli realizzò il suo tentativo con una forte conclusione alla destra di Dida, mentre Buffon riuscì a indovinare l’angolo scelto da Seedorf, respingendo il tiro dell’olandese. Il terzo turno vedrà salire ulteriormente in cattedra Dida e Buffon, che pararono i tentativi di Zalayeta e Kaladze. Si arriva al quarto rigore: il portiere rossonero riuscì a intercettare la palla calciata da Montero, dando alla sua squadra l’occasione di portarsi di nuovo in vantaggio; sul dischetto si presentò Alessandro Nesta, che realizzò il suo rigore nonostante Buffon avesse indovinato l’angolo scelto dal difensore. La Juventus è sull’orlo del baratro, un ulteriore errore avrebbe sancito la vittoria del Milan, ed è il turno del capitano bianconero, Alessandro Del Piero, che realizzò in maniera impeccabile il suo rigore spiazzando Dida. Il numero 10 bianconero non riuscirà nemmeno ad esultare, forse già conscio che il proprio destino fosse già sfuggito di mano, come se fosse già pronto ad affrontare di nuovo lo spettro di una finale persa dopo quelle contro Borussia Dortmund e Real Madrid. 

È il momento decisivo, è il turno di Andrij Shevchenko. Un momento immortalato dalle telecamere e destinato a diventare iconico, in cui l’ucraino cerca con gli occhi il cenno d’assenso dall’arbitro – il tedesco Markus Merk – per poter tirare, fino al fatidico fischio. Palla da una parte, Buffon dall’altra. Il Milan è campione d’Europa per la sesta volta nella propria storia, battendo una rivale storica come la Juve, in una delle finali più emozionanti che abbia mai disputato.

La vittoria rossonera è una vittoria arrivata dopo stagioni deludenti; una vittoria che rappresentò l’enorme rivincita per l’allenatore dei rossoneri Carlo Ancelotti, reduce dalla difficile esperienza alla Juventus segnata dal rapporto molto teso con società e tifoseria; una vittoria che permise a Paolo Maldini di alzare la sua prima coppa da capitano 40 anni dopo suo padre Cesare, capitano del Milan che vinse la sua prima Coppa dei Campioni a Wembley, contro il Benfica di Eusebio; una vittoria che permise ai milioni di tifosi rossoneri di celebrare quella che probabilmente verrà ricordata come la loro notte più bella, quella di Manchester, quella del 28 maggio 2003.

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