Grealish

Jack Grealish, immaturità e talento puro

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I calciatori britannici, e in particolare quelli inglesi, sono diversi da tutti gli altri, soprattutto perché ai primi vengono associate due caratteristiche assenti – o quasi – nei secondi, privi di un preciso background culturale, come posseduto dai giocatori nati oltremanica.

La prima caratteristica, generalmente positiva, è quella del calciatore austero: elegante nello stile di gioco, indomito ma anche un po’ spocchioso. Tratto ideale di chi avrebbe dovuto rappresentare l’Impero britannico in campo, anche nello sguardo. Non a caso gli esempi più calzanti sono quelli di Billy Wright – primo inglese a superare quota 100 caps con i Three Lions –, Stanley Matthews e Bobby Moore – capitano della squadra del 1966.

La seconda, molto più negativa, è la capacità di autodistruggersi, tipica di molti talenti inglesi ma che, come la prima, va scemando sempre di più con l’arrivo delle nuove leve. Spesso questa pars destruens è riconducibile a qualche pinta di troppo: ne sono chiari gli esempi di giocatori estremamente talentuosi come Paul Gascoigne, Paul Merson e Stan Bowles. Se parliamo di tempi più recenti, non si può non citare Andy Carroll, dieci anni fa considerato il futuro centravanti della Nazionale inglese e solo due anni dopo ceduto dal Liverpool – dove fu un flop clamoroso – al West Ham, soprattutto per i suoi problemi con la bottiglia.

Tra i giocatori in attività, Jack Grealish unisce entrambi gli stereotipi, risultando sempre più una mosca bianca all’interno della new wave calcistica inglese. Accanto ai vari Saka, Foden e Rashford, ossia giocatori freschi, veloci, simboli del nuovo che avanza, l’attuale numero dieci del Manchester City dà sempre l’impressione di essere un calciatore sì moderno, ma comunque legato alla tradizione.


Young, wild and free

Se per Gascoigne e co. è prevalsa l’autodistruzione, per Grealish non è ancora così – e si spera che non lo sia mai –, anche se da buon english lad qualcuna ne ha combinata. Jack, di origine irlandese, nasce a Solihull, sobborgo a sud-est di Birmingham, il 10 settembre 1995. Come tutti i Brummies, è chiamato a scegliere se tifare per l’Aston Villa o per il Birmingham. La scelta non potrebbe essere più semplice, anche perché la sua famiglia è legata ai Villans da un filo conduttore lungo quasi un secolo: un suo trisavolo, Billy Garraty, giocò più di 200 gare con la maglia del Villa, vincendo due titoli e la FA Cup del 1905, novant’anni prima della nascita di Jack.

Grealish entra nelle giovanili della sua squadra del cuore all’età di sei anni, incantando sin da subito. Nel 2013 trascina la primavera del Villa verso la vittoria in NextGen Series – l’antenata dell’attuale Youth League –, battendo in finale il Chelsea di Christensen, Aké, Loftus-Cheek e Boga. Viene convocato per qualche gara in prima squadra, ma l’esordio a Villa Park non arriva e la società decide di mandarlo in prestito.

Il 13 settembre 2013 firma per sei mesi con il Notts County, debuttando il giorno successivo contro l’MK Dons. Segna il primo gol solo a dicembre contro il Colchester, ma le prestazioni positive convincono i Magpies a trattenere Jack fino a fine stagione. Ritorna alla base dopo 5 gol e 7 assist in 39 presenze con la maglia bianconera.

Il 7 maggio 2014 arriva finalmente l’esordio con l’Aston Villa: pochi minuti, che però gli permettono di realizzare il sogno che aveva fin da bambino. Nell’annata successiva la compagine di Birmingham sfiora la retrocessione, anche se Grealish gioca con più regolarità, senza trovare però la via della rete.

Per il diciannovenne è il primo vero campionato da titolare in Premier League, e per festeggiare l’avvio di una promettente carriera decide di trascorrere le vacanze estive a Tenerife, località puntualmente invasa da turisti inglesi, in quel periodo. Come si può facilmente immaginare, è qui che la tipica autodistruzione britannica entra in gioco: Grealish alza un po’ troppo il gomito, propiziando la pubblicazione di alcune foto che lo ritraggono sdraiato in mezzo alla strada e privo di sensi. I tabloid inglesi vanno a nozze con questo genere di scoop, e una delle foto incriminate finisce dritta sulla prima pagina del Mirror Sport. Il titolo, a caratteri cubitali, è eloquente: «JackAss», un gioco di parole tra il nome del ragazzo e ‘jackass‘, che in inglese vuol dire idiota, stupido.

Grealish

A distanza di qualche anno questa disavventura lo fa paradossalmente amare dai tifosi anche più degli altri nuovi fuoriclasse inglesi, non solo perché vedono in lui un nuovo working class hero, ma anche perché in contrapposizione alla pars distruens ce n’è anche una construens, rappresentata dall’amore viscerale che ha per il gioco: nel settembre 2019 l’allenatore dell’Aston Villa Dean Smith rivelò come Jack, spesso e volentieri, si fermasse a dormire al centro sportivo, per potersi allenare tutto il giorno.

L’anno successivo ai fatti di Tenerife, il giovane Grealish mette a segno il primo gol con la maglia claret and blue nella sconfitta per 3-2 contro il Leicester di Ranieri, ma non riuscirà ad aiutare la sua squadra a salvarsi: era dal 1987 che i Villans non retrocedevano in Championship. Nonostante altri comportamenti poco professionali – come per esempio il non esser rientrato con la squadra dopo la sconfitta contro l’Everton, terminando quella serata in una discoteca di Manchester –, il giovane centrocampista viene confermato anche per la stagione successiva, dove comincia a giocare e segnare con più frequenza.

In questa annata emerge di nuovo il lato negativo, rappresentato ad esempio dalle feste fino a tarda notte e dal pestone rifilato a Conor Coady, difensore del Wolverhampton. In seguito a quest’ultimo avvenimento, Jack viene squalificato per tre partite, e alla fine dell’anno mette a segno 5 gol in 31 gare di campionato con il Villa, che finisce a metà classifica. Nel 2017/2018, con la numero dieci sulle spalle, porta l’Aston Villa al quarto posto, che gli permette di qualificarsi per i play-off. Dopo aver battuto in semifinale il Middlesbrough, per tornare in Premier bisogna battere il Fulham nell’atto conclusivo a Wembley, ma non andrà così: i Cottagers si impongono per 1-0 e l’Aston Villa dovrà rimanere per un’altra stagione in purgatorio.


Back to the Premier League!

Nell’annata successiva la svolta arriva a ottobre: la società esonera Steve Bruce e lo sostituisce con Dean Smith, reduce da una buona stagione alla guida del Brentford. Smith è un grandissimo tifoso dell’Aston Villa, e non ci pensa due volte ad accettare la panchina della sua squadra del cuore. La partenza non è ottima, ma uno tra i grandi meriti del nuovo manager è quello di cambiare la posizione in campo di Grealish, che da mezzala diviene trequartista o esterno d’attacco, pur non essendo velocissimo, ma potendo a ciò sopperire con una grandissima tecnica individuale.

Dopo il difficoltoso avvio, Smith trova la quadra giusta e il Villa vince undici partite di fila tra marzo e aprile, arrivando quinta e qualificandosi nuovamente ai play-off. Jack indossa per la prima volta la fascia da capitano nella prima delle undici vittorie consecutive, e da capitano trascina la squadra alla tanto agognata promozione. Nella semifinale-derby contro il WBA serve un assist decisivo per il passaggio del turno ­– i Villans avranno la meglio per i gol in trasferta ­–, e la finale, a differenza dell’anno precedente, è un trionfo: la formazione di Dean Smith batte per 2-1 il Derby County di Frank Lampard e stacca l’ultimo pass per la Premier League.

Dal punto di vista personale, Jack segna 6 reti e mette a referto 6 assist in 36 presenze. Il più importante è quello nel derby contro il Birmingham a St Andrew’s, sia per la partita in sé sia per quello che succederà. Nel primo tempo, sullo 0-0, un tifoso dei Bluenoses entra in campo e colpisce Grealish sul volto. Il neo-capitano del Villa cade a terra e si rialza quasi subito senza praticamente reagire, anzi sorridendo. La vendetta si compirà nella ripresa: il numero dieci segna il gol decisivo con un sinistro da fuori area. Il minuto in cui segna non è casuale: è il numero 67, lo stesso in cui Peter Withe segnò la rete decisiva per la conquista della prima e unica Coppa dei Campioni arrivata al Villa Park.



Leader dei Villans

L’Aston Villa è di nuovo nella massima serie e vuole stupire, ma sul campo i problemi sono tanti. La squadra non decolla, e all’ultima giornata si ritrova nuovamente ad un passo dal baratro. Dean Smith si gioca la salvezza – e la panchina – al London Stadium contro il West Ham. Il pareggio per 1-1 garantisce ai Villans la permanenza in Premier League, e la rete decisiva la segna proprio il ragazzo di Solihull. Jack batte il suo record personale di reti in una stagione (8), condite da 5 assist. I progressi in campo sono sotto gli occhi di tutti, ma restano le ragazzate: il 29 marzo 2020, in piena pandemia, nonostante il lockdown, partecipa ad una festa e, visibilmente alticcio, centra una macchina parcheggiata con il suo SUV.

Nonostante tutto, il 31 agosto arriva anche la prima chiamata della Nazionale inglese, quattro anni dopo aver scelto i Tre Leoni a scapito dell’Irlanda, dove aveva militato fino all’Under-21. Debutta l’8 settembre contro la Danimarca, e dieci giorni dopo rinnova fino al 2025 con l’Aston Villa, nonostante le avances di squadre come Arsenal e Manchester United.

La stagione successiva parte in modo decisamente migliore per il Villa, che è ormai stabilmente nella parte sinistra del tabellone, e Grealish – migliorato sia tatticamente che mentalmente – lo sta trascinando con prestazioni superlative, come nel leggendario 7-2 al Liverpool campione in carica, dove Jack mette a segno due gol e tre assist.

I Villans sembrano dare l’impressione di potersi giocare un posto in Europa, arrivando alla quattordicesima giornata al quinto posto, ma una flessione all’inizio del 2021 fa scivolare Jack e compagni a metà classifica, per poi terminare il campionato all’undicesimo posto. Non è un caso che la carenza di risultati per la squadra di Dean Smith sia cominciata in concomitanza dell’infortunio allo stinco occorso proprio a Jack, che l’ha tenuto fuori per ben dodici giornate. La stagione è comunque ottima dal punto di vista personale, perché mette a segno 7 reti – 6 in Premier e 1 in Coppa di Lega – e ben 12 assist, secondo in questa speciale classifica solo ad Harry Kane e a pari merito con maestri di questo fondamentale come De Bruyne e Bruno Fernandes. Queste cifre stupiscono ancora di più visto che le partite di campionato giocate sono state soltanto 26.


Football has (almost) come home

Le sue quotazioni anche in ambito mercato salgono esponenzialmente durante l’Europeo: alla prima partita contro la Croazia rimane in panchina per tutti i novanta minuti, e nonostante la vittoria, i tifosi inglesi rumoreggiano per il suo mancato impiego. Southgate non lo schiera titolare nemmeno contro la Scozia, ma lo fa entrare a mezz’ora dalla fine. La prestazione è incolore e l’Inghilterra viene fermata sullo 0-0 dagli eterni rivali. Dati i risultati degli altri gironi, l’Inghilterra è comunque qualificata, ma non vincere con la Repubblica Ceca metterebbe a rischio il primo posto e quindi la possibilità di avere un tabellone più agevole. Questa volta Grealish gioca titolare e mette a referto l’assist per la rete decisiva di Sterling, permettendo ai Tre Leoni di vincere il proprio girone.

Nonostante il primo posto, agli ottavi si presenta davanti un ostacolo enorme: la Germania. Jack parte a sorpresa dalla panchina, mentre in campo il match è fermo sullo 0-0. Il ragazzo di Solihull entra al 70’ e cambia totalmente il corso della gara: cinque minuti dopo il suo ingresso innesca l’azione del primo gol di Sterling, e dieci minuti dopo l’1-0 serve un pallone fantastico per Kane, che deve solo mettere dentro. Raddoppio e Germania eliminata. Ai quarti rimane in panchina tutta la partita – l’Inghilterra batte 4-0 l’Ucraina – e in semifinale – 2-1 alla Danimarca – gioca poco più di mezz’ora tra regolamentari e supplementari. In finale subentra di nuovo, questa volta direttamente ai supplementari, ma non riesce ad incidere. Il resto è storia, con l’Inghilterra che perde ai rigori la sua prima finale di un Europeo, contro l’Italia di Roberto Mancini.

L’errore decisivo del diciannovenne Bukayo Saka fa rumore, e accanto ai giudizi superficiali e agli ignobili insulti razzisti si fanno avanti anche le critiche per i compagni più maturi, rei di non aver calciato al suo posto. Grealish però fa chiarezza, rispondendo nello specifico ad una critica di Roy Keane rivolta a lui e Sterling: «Ho detto di volerne tirare uno, ma il mister ha deciso così». Infatti, come spiegato in questo articolo di Rivista Undici, Southgate e il suo staff hanno scelto i rigoristi basandosi sui big data.



Mr. 100 million

Nonostante il minutaggio non eccezionale, quanto di buono fatto vedere all’Europeo basta per farlo entrare ancor di più nel mirino di tanti top club. Le squadre interessate sono diverse, tra queste c’è anche il Real Madrid, ma alla fine Grealish si sposta soltanto di qualche chilometro a nord rispetto alla sua Birmingham: è infatti il Manchester City ad aggiudicarselo, ufficializzando il trasferimento il 5 agosto del 2021, dopo aver pagato la clausola rescissoria confidenziale di 100 milioni di sterline – circa 117,5 milioni di euro –, cifra record che lo ha fatto diventare il calciatore inglese più costoso di sempre – e ancora oggi l’ottavo colpo più costoso di sempre in generale.

Tra le sapienti mani di Pep Guardiola è finito un esterno molto atipico: atleticamente meno prestante rispetto ai suoi avversari, ha nel dribbling e nella visione di gioco le sue armi migliori, oltre ad una capacità balistica non indifferente. Jack tuttavia non è un calciatore estremamente prolifico: se a ciò si aggiunge la forte concorrenza nelle zone del campo preferite dall’inglese e la cifra sborsata dal City per acquisirne le prestazioni, è stato facile per i media etichettarlo come flop dopo la prima stagione con gli Sky Blues.

Il classe 1995 ha vinto la sua prima Premier League, collezzionando 6 gol e 4 assist, e forse il giudizio complessivo sul suo primo anno sotto i dettami di Guardiola sarebbe potuto cambiare con un pizzico di fortuna in più. Nella semifinale di ritorno di Champions League contro il Real Madrid, a circa tre minuti dal novantesimo, i mancuniani sono in vantaggio per 1-0 e Grealish ha sui piedi la palla del KO. Il talento inglese brucia Militão e supera Courtois, ma la scivolata sulla linea di Ferland Mendy salva il risultato. Poco più di venti secondi dopo si crea un’altra grande occasioni, ma il suo sinistro sfiora soltanto il palo. Poi il Real fa il Real, e clamorosamente, in appena due minuti, porta la gara ai tempi supplementari grazie alla doppietta di Rodrygo, per poi eliminare la squadra di Guardiola, arrivata ad un passo dalla seconda finale consecutiva.


La metamorfosi e la gloria

È ormai nota a tutti l’abilità di Guardiola nel modellare i propri calciatori come più preferisce, e anche l’ala inglese non è stata da meno: Pep ha sempre difeso Grealish, soprattutto nei momenti dove le critiche si sono fatte più aspre. Nello specifico, il catalano ha affermato più volte di non aver richiesto il ragazzo di Birmingham per le sue abilità realizzative, quanto per la capacità di creare superiorità numerica e di aprire gli spazi in zone strategiche del campo.

L’anno successivo, anche per via del nuovo arrivato Erling Haaland, gli Sky Blues sono semplicemente ingiocabili. Dopo aver ricoperto l’insolito ruolo di inseguitrice, nelle ultime battute i ragazzi di Pep vincono la Premier League – la quinta in sei anni – a discapito dell’Arsenal di Arteta, riescono a fare un percorso netto in FA Cup e restano imbattuti in Champions League: il Manchester City è la seconda squadra inglese a conquistare il Treble, dopo quello dei cugini dello United nel 1999.

Questa volta Grealish è uno dei protagonisti principali della stagione, chiusa con 11 assist e 5 reti – tra le quali vi è quella decisiva nella vittoria del City in casa dell’Arsenal. È uno dei titolarissimi di Guardiola, il quinto più utilizzato della rosa – dietro solo a Rodri, Bernardo, Haaland e Gündoğan. E forse il gesto che racchiude al meglio il rapporto tra Jack e l’allenatore spagnolo avviene dopo la finale contro l’Inter, durante i festeggiamenti. Pep infatti riserva l’abbraccio più sentito proprio al nativo di Birmingham, il quale nelle interviste post-partita lo ringrazia in lacrime di aver sempre creduto in lui.

Jack non può però esimersi dalla sua natura di festaiolo, e asciugate le lacrime si è dato alla pazza gioia. E di liquidi ne ha reintegrati abbastanza. Durante i festeggiamenti di fine stagione, diventa un fenomeno del web: per giorni interi lo si vede celebrare – non proprio in maniera sobria – la coronazione di un sogno. Un sogno che l’ha visto passare da flop a pedina inamovibile dello scacchiere di Guardiola.

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