Haaland

Erling Haaland, un uragano partito dalla Norvegia

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Bruciare le tappe. Tre semplici parole che descrivono bene quella che è stata fino ad ora la carriera di Erling Braut Haaland, un omone norvegese di 194 centimetri sbarcato con una forza devastante nel panorama calcistico europeo.

La carta d’identità di Haaland recita 21 luglio 2000 e al contrario di quel che ci si potrebbe aspettare è nato a Leeds, in Inghilterra, figlio d’arte di Alf-Inge Rasdal Haaland, un difensore proprio del Leeds e del Manchester City tra il 1997 e il 2003. Egli, lo si ricorda principalmente per quel brutto intervento ai danni di Roy Keane durante un Leeds-Manchester United del 1997, che provocò la rottura del ginocchio della leggenda dei Red Devils. Tra i due nacque una faida negli anni a venire, non proprio un duello tra gentiluomini, che costrinse la Federazione inglese a multare i due giocatori.



Così come quella del padre, la carriera professionistica di Erling inizia in Norvegia, a 16 anni, nel Bryne, squadra militante nella terza divisione del Paese, dove colleziona 16 presenze senza mai andare a segno.

La sua struttura fisica era ancora lontana da quella che vediamo oggi e anche se non lascia mai veramente il segno nei suoi primi passi in questo mondo, decide di credere in lui il Molde, club della massima serie norvegese allora guidato da Ole Gunnar Solskjaer, altro ex Red Devils che ritorna in contatto, a distanza di anni, con il mondo Haaland. È in questo club che il giovane inizia ad aumentare le marce del motore.

Al suo arrivo la stampa lo definì ‘Manchild‘, perché non nascondeva i tratti del ragazzino alle prime armi in una squadra professionistica, ma l’evoluzione fisica e calcistica del ragazzo fu impressionante. Nella prima annata colleziona 20 presenze tra campionato e coppa con 4 reti a bersaglio. Un giocatore normale si diceva, certo talentuoso, ma lontano dal diventare un campione.

La svolta avvenne nella sua seconda stagione al Molde, dove dopo un anno di apprendistato e di formazione fisica, anche l’opinione dei suoi compagni di squadra cambiò radicalmente: «Si è sviluppato in un modo che non ho mai visto in tutta la mia vita. È più forte di quanto sembri ed è molto più veloce di quanto sembri, è una bestia», come dirà il suo ex compagno di team Ruben Gabrielsen.

In quella stagione dimostra tutta la sua crescita contro il Brann, squadra capolista del campionato che fino a quella partita aveva subito solamente 5 reti in 14 giornate. In quell’occasione, Haaland si scatena e mette a segno un poker clamoroso. A fine annata saranno 16 timbri in 30 presenze. Quadruplicate le segnature dell’anno precedente, cresce anche l’autostima, oltre che le doti fisiche.

Un gigante che abbina forza e allo stesso tempo una discreta velocità per la sua stazza e grande freddezza sotto porta, dove scarica dei tiri potenti e precisi con il suo sinistro infuocato. Si fa trovare sempre nel posto giusto al momento giusto e anche quando si mette in solitaria il risultato è sempre eccelso: si diletta qualche volta in preziosismi che lasciano a bocca aperta vedendo la sua mole imponente, come un elefante dai piedi fatati. La sua irruenza la fa da padrona ed è sicuramente la caratteristica principale con cui apre gli spazi a lui e ai suoi compagni, che spesso usufruiscono anche del suo lavoro sporco con passaggi di sponda e assist geniali che spiazzano le difese avversarie.



Tutto questo talento doveva assolutamente sbarcare al di fuori della Norvegia, e così è stato nel gennaio del 2019, con il passaggio al Red Bull Salisburgo, nel massimo campionato austriaco. Dopo un ambientamento lungo circa sei mesi, in cui gli approcci al nuovo campionato non sono stati esplosivi, è nella stagione 2019/2020 che il suo nome risuona praticamente ovunque. Sono 24 le reti messe a segno in 20 apparizioni: numeri da record, a soli 19 anni.

Per avere un saggio delle sue prestazioni citofonare Genk, residenza Champions League. Un esordio clamoroso condito con una tripletta del tifone Haaland – nel 6-2 con cui gli austriaci spazzano via i belgi – in 45 minuti di gioco, che accomuna il suo nome a quelli di Raúl e Rooney, gli unici più giovani di lui a segnare tre reti in questa competizione.

Il colosso norvegese si ripete nella giornata successiva – giocando per 34 minuti – in un palcoscenico ancora più prestigioso, quello di Anfield, contro nientemeno che i campioni in carica del Liverpool. E per non farsi mancare nulla, segnerà una doppietta anche nella terza gara, contro il Napoli di Ancelotti, diventando il giocatore ad aver segnato più gol nelle prime 3 partite di Champions League.

Il suo ex allenatore al Salisburgo, Jesse Marsch, si è espresso benissimo su di lui dopo averlo visto da vicino in allenamento nelle sue due stagioni in Austria, e lo stima molto non solo come giocatore, ma anche come uomo, malgrado la giovanissima età: «È un grande giocatore ma ancora più importante per me è che è un grande giovane. Si presenta ogni giorno, lavora sodo e non dà nulla per scontato. Dà tutto per i suoi compagni di squadra ogni giorno e lo fa con il sorriso».

Un’umiltà, la sua, che lo ha accompagnato fin dai suoi primi passi nel mondo del calcio, avendo subito capito di dover lavorare duro per diventare un campione e lasciare il segno. L’umiltà di un ragazzo giovane e affamato di successo con le sue grandi doti, che ha rifiutato il blasone di grandi club – si era presentata anche la Juve alla sua corte – per dedicarsi anima e corpo al Salisburgo e avere la possibilità di crescere calcisticamente e mentalmente con meno pressioni. Certo, è stato solo un arrivederci e non un addio al grande calcio, su cui Haaland è atterrato con l’irruenza che lo contraddistingue il 29 dicembre 2019, giorno della sua presentazione ufficiale al Borussia Dortmund.

Un colpo che ha spiazzato un po’ tutti, quello della squadra tedesca, che ha strappato il gigante norvegese al Salisburgo alla modica cifra di 20 milioni di euro, un prezzo irrisorio considerando il valore del giocatore e tanto più contestualizzandolo alle cifre del calcio moderno – anche se, ed è necessario dirlo, tra l’agente Raiola e il padre del ragazzo sono stati investiti ulteriori 25 milioni in commissioni.

La potenza distruttiva dell’uragano Haaland non tende a diminuire dopo il suo arrivo in Germania, e a farne le spese è l’Augsburg, vittima sacrificale nel giorno dell’esordio del giovane norvegese. Entrato al 56’, quando il Dortmund era sotto 3-1, nell’arco di venti minuti mette a segno una tripletta che ha del clamoroso e che ribalta completamente il match.

Nei quindici giorni successivi si ripete con una doppietta al Colonia, sempre da subentrato, e con altre due reti contro l’Union Berlino, la partita che segna il suo esordio da titolare con il Dortmund. Un altro record impressionante di un calciatore che è rivelato sempre di più una vera e propria macchina da gol, smentendo i pochi scettici convinti che il ragazzo si sarebbe fermato una volta trasferitosi in una squadra più competitiva. Saranno 13 le reti complessive in Bundesliga in 15 apparizioni, a cui aggiungere la doppietta in Champions League con cui abbatte nella sfida d’andata degli ottavi di finale il Paris Saint-Germain. Il secondo gol in particolare è quello che manda in visibilio il popolo del Signal Iduna Park, completamente in estasi davanti alla potenza di quel sinistro che si infrange in fondo alla rete e che Keylor Navas può solo vedere partire, senza potersi opporre.

La sensazione che prevale guardando Haaland è quella di risiedere per 90 minuti su un altro pianeta. Il dominio fisico con cui il gigante norvegese distrugge le difese avversarie disorienta lo spettatore che ammira le sue gesta sul prato verde. Esiste, ad oggi, un limite oltre il quale il nativo di Leeds non possa spingersi? Una domanda che è lecito porsi, ma alla quale è quanto mai arduo dare una risposta scorrendo i numeri e i record che si susseguono stagione per stagione.

Il suo secondo anno in Germania – il primo giocato per intero – in maglia giallonera recita 41 marcature tra campionato, DFB-Pokal, DFL-Supercup e Champions League. Numeri che proiettano il ragazzo tra le stelle più luminose della galassia calcistica. Era dai tempi di Ronaldo Luís Nazário de Lima – 47 reti nel Barcellona stagione 1996/1997 – infatti, che un Under-21 non saliva sopra certe vette realizzative nei migliori campionati europei.

Sono 27 le reti in 28 gare di Bundesliga per Haaland, che diventa il primo giocatore nella storia del Borussia Dortmund a realizzare 16 segnature in trasferta in una singola annata. Il norvegese ha lavorato sodo a livello fisico per raggiungere questi risultati e il miglioramento è sotto gli occhi di tutti.

In una recente conferenza stampa dal ritiro della sua Nazionale, Haaland ha ribadito questi cambiamenti: «Se guardate al mio corpo, se guardate le mie gambe, vi accorgerete che sono cambiato moltissimo. Sono totalmente diverso, adesso sono diventato un uomo. Prima pesavo 86 chili, adesso sono a 94. E nonostante questo, sono diventato anche più veloce. Il che, se me lo chiedete, è la cosa più importante. E sono questi otto chili che mi hanno permesso di vincere duelli con difensori molto fisici».

A testimonianza di ciò arriva puntuale un dato curioso risalente alla gara del 10 aprile 2021 contro lo Stoccarda. Sul terreno di gioco della Mercedes-Benz Arena la punta del Dortmund ha raggiunto i 36,04 chilometri orari, record di velocità stagionale in Bundesliga. Le doti e il talento non bastano per arrivare ai livelli dei mostri sacri di questo sport e questo concetto Haaland pare averlo compreso appieno nel suo percorso di crescita.



Le Colonne d’Ercole del classe 2000 sono ancora ben lontane all’orizzonte, per quella che a tutti gli effetti è una carriera esplosa con cotanta irruenza solamente negli ultimi tre anni. In un calcio sempre più precoce, dominato dalle generazioni dei baby fenomeni sono in tanti a doversi inchinare all’uragano in forza al Dortmund.

Primo fra questi, colui che nelle proprie generalità racchiude e condivide il sopracitato gioco di parole con Haaland, ovvero quell’Harry Kane al quale il norvegese ha tolto un altro traguardo prestigioso in ottica europea. Grazie alle 10 reti realizzate nella Champions League 2020/2021, infatti, l’ex attaccante del Salisburgo ha raggiunto quota 20 marcature complessive nella competizione in appena 14 partite giocate. Un record, come detto, detenuto in passato dal centravanti inglese, il quale ha impiegato 24 gare totali per eguagliare un tale bottino di segnature. Il norvegese domina, dunque, questa speciale classifica, che include nomi di spicco del panorama calcistico mondiale – da Inzaghi a Del Piero, passando per Benzema e van Nistelrooy – e che è doveroso citare per dare rilievo a quanto di straordinario compiuto da Haaland.

In tutto ciò, la squadra che più si sfrega le mani è quella della Nazionale norvegese, che forse non aveva mai visto tra le proprie fila un giocatore potenzialmente così forte. Su di lui e su una generazione tornata a brillare – con i vari Ødegaard, Berge e Sørloth giusto per fare qualche nome – sono riposte le speranze di qualificazione al prossimo Mondiale in Qatar. Una partecipazione che in terra norvegese manca dal 1998, quando i nordici arrivarono fino agli ottavi di finale del torneo.

Una Nazionale che comunque Haaland ha conquistato a suon di gol con le selezioni minori, dall’Under-15 all’Under-21. Per averne la conferma basterebbe vedere la sua prestazione nella gara contro l’Honduras, paese abituato e purtroppo colpito spesso da fenomeni atmosferici molto pesanti, ma comunque non attrezzato quanto basta per fermare la forza prepotente del norvegese, il quale, durante il Mondiale Under-20 del 2019, ha messo a segno nove reti nel 12-0 complessivo con cui i nordici hanno schiantato la formazione centroamericana.

Una forza della natura che è pronta a prendersi un futuro radioso, grande come la sua mole e sicuramente colmo di gloria. Gioca nell’Europa dei grandi solo dal 2020, eppure Erling Haaland ci ha già convinto tutti di essere la prova vivente che in Norvegia gli uragani esistono, eccome se esistono.

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