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Sette partite allucinanti di Serie A che avete dimenticato

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Nel Natale del 2014, mio padre volle farmi un tipo di regalo che fino ad allora non avevo mai ricevuto: un Almanacco del calcio, in quel caso edizione 2015. Mi ero appassionato al calcio da relativamente poco e alquanto tardivamente, e come sopraffatto da una sete improvvisa di conoscenza, cercavo in ogni modo di assimilare statistiche, storie e approfondimenti, volto a un disperato recupero di una tradizione sportiva che prima non avevo voluto vivere in prima persona.

Mi appassionai tremendamente allo sfogliare e risfogliare quell’enorme database cartaceo, tanto da far staccare la copertina e da inaugurare una collezione annuale, tuttora in piedi, stagione dopo stagione. La mia sezione preferita probabilmente era ed è quella che ricapitola le partite del precedente campionato di Serie A, giornata per giornata: come guardare un film osservando la successione dei fotogrammi di una pellicola vecchio stampo. È così, guardando il tempo e il calcio passare insieme, che riesco a ridestare i ricordi più casuali legati ad alcune gare: dov’ero, con chi ero, cosa ero in quel momento.

Ma non è solo questo. Mi ritornano in mente anche alcune partite semplicemente allucinanti che la Serie A partorisce, roba che pochi trip a base di LSD sarebbero capaci di sceneggiare. Partite che no, signore e signori, non sono dei banalotti Benevento-Milan o Inter-Empoli, ma che non per questo varrebbe la pena radiare dalla nostra mente. O no? Non lo so, ma se siete arrivati a questo punto è giusto che mi concediate un po’ di fiducia.


Genoa-Fiorentina 2-5 (2ª giornata 2013/2014)

Questa sfida riesuma dagli scaffali della mente una quantità tale di ricordi da poter causare un’overdose di nostalgia. Una partita incastonata in un’età che sembra migliore, che forse era peggiore ma è edulcorata dal tempo che passa, sicuramente figlia di speranze bruciate e di occhi accecati da un sublime lampo, lungo un infinitesimo di secondo.

È la notte in cui Mario Gómez gioca come il super acquisto che avrebbe dovuto essere per la Viola, siglando una doppietta come Giuseppe Rossi, che avvia una stagione straripante con 3 gol in 2 gare. Da lì alla fine Gómez ne segnerà soltanto un altro, mentre Rossi ne farà qualcuno in più – 13 – per poi spaccarsi nuovamente tutto a gennaio contro il Livorno, perdendo il mondiale brasiliano. La coppia del futuro sarà soltanto la coppia di un minuscolo presente. Ah, e a segnare per primo è Alberto Aquilani… ve lo ricordate cosa poteva essere Aquilani?

Lato Genoa, i due gol che riaprono vanamente i giochi sono di Alberto Gilardino e Ciccio Lodi. Già, Gilardino GIOCAVA nel Genoa, altro che allenare, e in quella stagione timbrerà il cartellino altre 15 volte, aprendo lo score con un destro al volo che è anche il timbro numero 160 in Serie A.

Questo è il miglior video degli highlights disponibile, benedetto dalla gloriosa scelta dell’autore di mixare l’audio della telecronaca con ‘Love Me Again‘ di John Newman, praticamente l’inno di quella stagione. Gustatevela mentre Rossi buca le mani di un Mattia Perin stranamente “paperesco”, Super Mario si insinua finemente tra i centrali del Genoa e Matí Fernández simula ignobilmente sul rigore del 2-5.

Contiene anche: lo stesso Rossi che spara alto a due metri dalla porta, Aquilani che fa uno squat per segnare, il gioco a tre stiloso per la doppietta di Pepito, Marvin Compper che fa il giocatore di calcio.

Dopo, avete 3 minuti e 8 secondi di silenzio assolutamente inutili, che l’autore ha voluto lasciare a chiusura della sua creazione multimediale, forse per piangere per i troppi ricordi.


Empoli-Napoli 4-2 (33ª giornata 2014/2015)

In questa partita la buttano in rete tre giocatori del Napoli e tre dell’Empoli, quindi come ha fatto a finire 4-2? Ok, smetto di insultare la vostra intelligenza. Lo sapete tutti che nel calcio esistono gli autogol: ecco, se ogni tanto doveste scordarvene questa è una di quelle partite che vi aiuta nella rimembranza.

Aprile 2015, il Napoli di Rafa Benítez è alla disperata ricerca di punti per andare in Champions, l’Empoli di Maurizio Sarri è alla disperata ricerca di non pareggiare in quella che è una grande stagione da neopromossa, puntellata però da una quantità onestamente oscena di X: saranno 18 alla fine, record a 20 squadre assieme all’Inter 2004/2005, per quasi una metà di campionato passato all’insegna della neutralità.

A raggiungere l’obiettivo sarà il futuro coach partenopeo, in mezzo alla confusione dei vari giocatori su quale fosse la porta da bucare: sono tre le autoreti messe a segno, due dei campani e una dei toscani, con l’Empoli che surclassa l’avversario con il suo gioco di possesso e raffinatezza, cogliendo una vittoria afrodisiaca e col suo mister che forse proprio in quella notte strega definitivamente De Laurentiis.

Purtroppo da qui iniziano gli highlights ufficiali del canale della Serie A, ma in fondo l’importante è il contenuto. Apre le danze un sempre valido Massimo Maccarone, su una deliziosa combinazione sullo stretto con Manuel Pucciarelli. Proseguiamo con il primo autogol, Miguel Ángel Britos che si becca una pallonata in faccia su “assist” di Mariano Andújar, e un ancora capelluto Ricky Saponara che tira fuori dal nulla una sforbiciata semplicemente incantevole, per fare 3-0 a fine primo tempo – Riccardo, come fai ad avere 0 presenze in Nazionale? Nel secondo tempo Vincent Laurini omaggia da fan stagionato Britos, poi vediamo Raúl Albiol creare la terza autorete dove non ce n’era assolutamente bisogno e infine Marek Hamšík, con un destro che non si alza un millimetro da terra e che passa tra circa un migliaio di uomini, trovare un malinconico 4-2.


Carpi-Lazio 1-3 (37ª giornata 2015/2016)

Ci ricordiamo troppo poco dell’allucinogeno Carpi 2015/2016, alla sua prima e finora unica partecipazione in A. Scordiamo soprattutto come, nonostante l’undici della sua prima volta assoluta – Brkić, Letizia, Spolli, Bubnjić, Gagliolo, Matos, Porcari, Marrone, Gabriel Silva, Lazzari, Lasagna – con cui effettivamente prese cinque scoppole a Genova contro la Samp, la banda Castori – nome da band di sagre paesane – sia stata una delle migliori esordienti degli ultimi anni nella massima serie nostrana, totalizzando 38 punti e sfiorando la salvezza che probabilmente, visti i mezzi di partenza, avrebbe meritato. Già, bello il modello Sassuolo, ma intanto i neroverdi alla prima esperienza si salvarono con 4 punti in meno, chi mi dice che scambiando squadre e stagioni ora Mimmo Berardi non sarebbe leggenda di un’altra piccola realtà dell’Emilia-Romagna?

Ad ogni modo, il Carpi, ora peraltro sprofondato in D, non ha altri che sé stesso da rimproverare. O forse più Jerry Mbakogu, sì probabilmente più lui. Autentico trascinatore nella fantastica promozione, boia di una salvezza quasi raggiunta, quando l’8 maggio 2016, alla penultima contro la Lazio, sbaglia due rigori pesantissimi, prima sullo 0-0, poi sullo 0-2, regalando alla squadra dello Young Demonino Inzaghi una inutile vittoria – visto che sarà l’ultima di una pessima stagione – e al Palermo il sorpasso in classifica di un punto, poi decisivo nell’ultimo turno.

Riguardatelo voi il sorriso speranzoso di mister Fabrizio nel prepartita, a me mette troppa tristezza. Poi ricordatevi di quanto era forte Federico Marchetti, perché in fondo li para lui i due rigori, e dell’esistenza di Milan Biševac, uno dei più casuali acquisti di gennaio di cui si abbia conoscenza. Qui segna il suo unico gol italiano, oggi per Wikipedia è calciatore e allenatore del Magny – bah; decisamente una fine migliore di carriera quella di Antonio Candreva, che qui raddoppia con un tap-in facile facile.

Tornando al povero Jerry, ok il primo errore, ma il secondo cosa mi rappresenta? Calciato con la voglia di un dipendente del McDonald’s. Qui finisce la partita, qui finiscono i sogni, poco dopo Miro Klose fa 0-3, Verdi – sì, Simone – fa espellere Lucas Biglia, e per concludere una grande perculata ai tifosi del Carpi, con l’1-3 segnato indovinate da chi?


Pescara-Genoa 5-0 (25ª giornata 2016/2017)

Non vorrei mai offendere i tifosi pescaresi con questa domanda, ma perché quasi ogni volta che è stato promosso in Serie A, il Pescara ha fatto schifo? Ad eccezione dell’annata 1987/1988, il Delfino è sempre stato risbattuto a calci nel sedere in B l’anno dopo aver conquistato la A, finendo cinque volte su sei ultimo. Potrebbe pesare l’enorme e mefistofelico conservatorismo tattico che ha caratterizzato per decenni il nostro campionato, rispetto a una squadra che nel proprio DNA predilige un piano di gioco offensivo e quindi in Italia già fragile e azzardato? Probabile.

Del resto, la storia del calcio biancazzurro si intreccia fortemente con le figure di Giovanni Galeone e Zdeněk Zeman, non proprio due reazionari del calcio. Proprio il Boemo è il protagonista indiscusso di questa obliata partita dell’ennesimo campionato sui generis del Pescara. Con la squadra ultima a -13 dall’Empoli terzultimo, il presidente Sebastiani esonera Massimo Oddo e opta per la via più irrazionale o razionale possibile, il ritorno di Zeman cinque anni dopo l’estatica ed estetica promozione guidata dal trio Verratti-Insigne-Immobile. Al secondo esordio, i suoi si riscoprono la manifestazione del Brasile del 1970, radendo al suolo il Genoa di Ivan Jurić – condannato così all’esonero – e inaugurando un cammino assolutamente travolgente che porterà a una delle salvezze più folli della storia del calcio nostrano.

No, scherzo. Il Pescara vincerà solo un’altra volta nelle restanti giornate, retrocedendo con cinque turni d’anticipo. Cogliere la vittoria più larga in A della storia del Pescara in un campionato nient’altro che atroce: questa l’ultima, malinconica, contraddizione di un praghese senza mezze misure.

Ditemi voi se si può giocare così bene una partita e fare pena più o meno in tutte le altre. Caprari qui è Vinícius, Cerri Haaland e Zampano Cancelo. Stappa presto il match un autogol con tunnel di Orbán – Lucas, non il dittatore presidente ungherese –, poi il raddoppio arriva su una traccia “modricciana” di Cristiano Biraghi – già, c’era anche lui. Il commentatore dice che «l’arrivo di Zeman ha letteralmente cambiato la squadra», ma in realtà intende figurativamente. Altra clamorosa azione, tutta di prima, per il 3-0 di Ahmad Benali, mentre la ripresa si apre con Caprari che si autolancia di tacco in profondità e poi sfiora la doppietta colpendo di esterno destro – circo puro. Doppietta che comunque arriva con una croqueta per saltare due uomini in area – fermateloooo – e poi Erling Cerri fa il quinto gol, suo primo in Serie A.


Inter-Bologna 2-1 (24ª giornata 2017/2018)

Arrivati all’11 febbraio 2018, l’Inter di Luciano Spalletti si è ormai risvegliata dal sognante girone d’andata passato a battagliare con Juventus e Napoli per la vittoria della Serie A, non vince da otto partite ed è ora pienamente invischiata in un’accesissima lotta per la Champions, da cui manca dal 2012. A San Siro arriva il Bologna di Roberto Donadoni, che percepisce l’odore del sangue di un avversario in crisi a cui strappare una vittoria di prestigio. Eppure bastano 91 secondi a quel grande di Éder Citadin Martins, che sostituisce Icardi infortunato, per fare 1-0, e il vento sembra già spingere i nerazzurri verso un successo tranquillo. «No», dice al venticinquesimo Rodrigo Palacio, che alla prima stagione da ex livella il risultato.

L’Inter insiste per tornare in vantaggio ma spara a salve, con più di un colpo di testa impreciso, fino al 63′. Yann Karamoh, circondato da diversi uomini sulla destra, scarica centralmente per Rafinha; l’ispano-brasiliano, spalle alla porta, fa da sponda nuovamente per il francese che sfreccia versa il limite dell’area. Blerim Džemaili e Erick Pulgar gli si parano contro, convinti di avergli negato la conclusione, quando Karamoh li elude con un destro-sinistro dosato con la stessa precisione di Iginio Massari nel porre i canditi su un suo panettone. Adesso davvero libero di calciare, il giovane transalpino lascia partire un meraviglioso sinistro a giro che non se la sente di fare il guastafeste, e finisce alle spalle di un vinto Mirante.

Alla prima da titolare in nerazzurro, una rete troppo sensazionale per non far credere all’Inter e ai suoi tifosi di aver scovato, un po’ a caso, un giocatore dalle prospettive stellari. Oggi è la riserva di Vlašić e Seck al Torino. Life comes at you fast.

Quattro minuti dopo un altro ex della gara, Ibrahima Mbaye, si fa espellere. «Bene così», penserebbe un normale tifoso. «Aiuto», pensano i tifosi dell’Inter per tutto il resto della partita, perché il Bologna ritorna ancora più arrembante a cercare il pari, e prima quasi ottiene un rigore per mani – giudicato involontario – di Danilo D’Ambrosio, poi costringe Samir Handanovič a una parata non banale ancora su Palacio. Adam Masina tenta di rendere ancora più epica l’eventuale impresa dei felsinei, facendosi anche lui cacciare nel recupero, ma dopo 99 minuti di indicibile e immotivata sofferenza l’Inter ritrova la vittoria.

Secondo voi cosa dice Icardi a 00:15? Per me «bello Vincè», riferendosi al maglione di un ipotetico amico meridionale. Vabbè, andiamo al gol – mica facile – di Éder su assist – mica facile – di Marcelo Brozović, che poi sarà sostituito tra i fischi e li applaudirà con fare polemico – già, vi ricordate di quando i tifosi interisti non potevano vederlo?

Palacio pareggia su assist in svirgolata “piroettica” di João Miranda, e la ripresa si apre con traversa di D’Ambrosio che poi quasi ammazza Škriniar con una rovesciata a vuoto. Poi la prodezza di Karamoh, Rafinha – altro sogno di una mezza stagione degli interisti – viene lanciato in aria di Mbaye, Roberto Gagliardini trova una grande spizzata per Palacio e Masina rischia di spappolare una tibia a Lisandro López, alla sua prima e unica presenza in Serie A. Sipario.


Juventus-Parma 3-3 (22ª giornata 2018/2019)

Esiste una partita in cui hanno segnato sia Cristiano Ronaldo che Antonino Barillà. No, non manca il punto interrogativo, è questa. Il che già basterebbe a renderla un reperto da riesumare immediatamente.

A inizio febbraio la prima Juve con CR7 sta rullando il campionato, ha già 60 punti e un +11 sul Napoli di Ancelotti; neanche il Parma neopromosso se la passa tanto male, anzi, di punti ne ha già raccolti 28 e se la spassa a metà classifica grazie a un gioco rapido e concreto.

La Juventus però è anche reduce da una dura eliminazione in Coppa Italia contro l’Atalanta. E approccia il match tutt’altro che svagata, cercando di metterlo in cassaforte già al 62′, quando Daniele Rugani fa 2-0, dopo la rete d’apertura ovviamente di Ronaldo. Ma eccolo, il nostro bull terrier di Reggio Calabria, riaprire la partita immediatamente, con una precisissima testata in inserimento. Ma eccolo ancora, il nostro alano di Funchal, a ristabilire altrettanto immediatamente le gerarchie, con la doppietta che sembra chiudere ogni questione.

Per rimontare una Juventus così dominante in casa sarebbe necessaria una forza mentale straripante, unito a un individuo con qualche dote sciamanica, e per sua fortuna il Parma ne ha uno sulla fascia destra. Gervinho, al ritorno in Italia dopo l’ibernazione cinese, gioca a livelli per certi versi superiori a quelli di Roma, e scatena il panico nell’area juventina, prima con un tacco brillante a pochi passi da Perin e poi, al crepuscolo della partita, con un destro centrale ma potente che lo stesso ex-Genoa non riesce a respingere: 3-3, con uno Stadium allucinato dallo spettacolo carnevalesco a cui ha assistito.

Il primo highlight del match è un tiro avvitato di Sami Khedira, poi è lo stesso tedesco ad avviare una gran sequenza di scambi stretti che portano al tiro dell’1-0 di Ronaldo, che in realtà sembra più una curva tracciata col compasso, resa storta ma letale da Simone Iacoponi. Il leggendario duello di CR7 con il centrale oggi all’Aglianese porta al secondo legno di uno iellato Khedira, ma non c’è problema, ci pensa Big Dan Rugani a raddoppiare con un bel sinistro di controbalzo.

Poi Kuco Kucka disegna un cross euclideo per il missile-testata di Barillà, ma subito Mario Mandžukić, in versione esterno a tutta fascia da 3-5-2, pennella per la doppietta di Ronaldo, e Leonardo Spinazzola applaude come si applaude uno chef stellato dopo che ha completato un piatto.

È ancora Kucka – the streets should never forget – a ravvivare la partita con un rasoterra perfetto per il taconazo di Gervinho. E allo scadere, dopo un recupero alto miracolosamente vantaggioso e un gran lavoro di Roberto Inglese, l’ivoriano compie l’ultimo coup de théâtre.


Cagliari-Sampdoria 4-3 (14ª giornata 2019/2020)

E se vi dicessi che è esistito un altro giocatore del Cagliari con la dote pavolettiana di essere buttato nella mischia in zona Cesarini e segnare, in qualunque modo sia richiesto, gol tremendamente pesanti? È lui, il già citato Alberto Erling Cerri, e lo ha fatto per due partite: Cagliari-Sampdoria 4-3, Cagliari-Parma 4-3. Quanti gol segnati in A coi rossoblù? Questi, basta.

Per questa volta parliamo solo della prima. Inizio dicembre 2019, il Cagliari è in zona Champions. Rileggete. Sì, avete letto bene, il Cagliari è una delle migliori sorprese di inizio stagione, grazie anche a un mercato molto ambizioso che ha portato, tra gli altri, in rosa Nahitan Nández, Marko Rog, Giovanni Simeone e soprattutto il figliol prodigo Radja Nainggolan. La Sampdoria è decisamente incerottata: ha cominciato malissimo la stagione con Di Francesco, e ora è in rianimazione con il suo sostituto, Claudio Ranieri.

A mettere la freccia sono gli sfavoriti, con il rigore di Fabio Quagliarella e la rete Gastón Ramírez, poi ci pensa il Ninja a riaprire i giochi con un precisissimo destro a giro. Ma è una di quelle serate di manifestazione divina per Don Fabio, che letteralmente un minuto dopo riporta a +2 la Samp con un sublime sinistro che scaraventa in rete una palla cadente di Manolo Gabbiadini; se non fosse che è nello stesso tipo di serata anche João Pedro, e da solo decide che la partita va rimessa in parità, sistemandola in tre minuti, con un tacco e una girata no look, en passant.

Dunque eccolo, al minuto 93, il Cabezón di Parma, l’armadio emiliano, pronto ad attrarre a sé qualunque palla crossata senza criterio alcuno negli istanti finali. E alla morte del match, avventandosi su un pallone promettente di Luca Pellegrini, realizza quella che è stata definita – da me, ora – “la torsione del secolo”. La palla raschia la traversa, ma poi supera Emil Audero: una vittoria miracolosa, la Sardegna Arena è il pandemonio.

Due settimane dopo, la squadra di Rolando Maran subirà un terribile contrappasso contro la Lazio, venendo rimontata da 1-0 a 1-2 con due gol nel recupero; sarà l’inizio della fine, un trauma tanto grande da bloccare completamente gli ingranaggi. Il Cagliari vincerà un’altra partita dopo quella magica notte solo a giugno 2020 – già, quella strana Serie A estiva – con Zenga in panchina e nessuna velleità di grandezza. Ma quella sera, che fomento con Alberto.

Pellegrini fa e disfa in questo match, due assist ma anche un bel fallo d’inciampo per mandare Quagliarella dal dischetto. Lo stesso fenomeno stabiese dosa alla perfezione il passaggio per il fulmine di Ramírez, per non parlare di quanto fa sull’1-3 – e quanto aveva fatto a inizio gara in rovesciata. Però João Pedro deve aver assunto una pillola per trasformarsi in van Basten per tre minuti, sfruttandola perfettamente. E infine arriviamo al momento clou, Cerri segna quello che per il commentatore è il suo primo gol in A, ma voi che avete letto fin qui sapete che si sbaglia di grosso: mio caro, anche tu hai dimenticato Pescara-Genoa 5-0.

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